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Le lacrime che scuotono le coscienze: 72 anni dopo, il messaggio di speranza di Maria

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Un umile capezzale in gesso, in un’umile casa di Siracusa: è qui che avvenne nel 1953 uno dei pochi miracoli riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa Cattolica

Settantadue anni. Un’intera vita. Tanto è passato da quel 29 agosto 1953, quando da un umile quadretto di gesso in una casa di via degli Orti, a Siracusa, sgorgarono lacrime vere. Un evento che ha segnato per sempre la nostra città, un prodigio riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa Cattolica, la cui eco risuona ancora oggi potente e chiara. Oggi non celebriamo solo un anniversario, ma rinnoviamo una riflessione profonda sul significato di quelle lacrime, un messaggio che travalica la fede per parlare al cuore di ogni uomo.

In un mondo assordato dal frastuono delle guerre, lacerato da conflitti che insanguinano terre lontane e vicine, e scosso da una violenza che si insinua fin dentro le nostre comunità, è facile cedere allo sconforto. Le notizie di stragi, di ingiustizie e di un’umanità che sembra aver smarrito la bussola ci raggiungono ogni giorno, lasciandoci un senso di impotenza. Ed è proprio qui, in questo nostro tempo inquieto, che il pianto silenzioso di Maria a Siracusa assume la sua valenza più dirompente.

Quelle lacrime non furono, e non sono, un’espressione di dolore rassegnato. Al contrario, rappresentano una potentissima sorgente di speranza. Sono le lacrime di una madre che vede la sofferenza dei suoi figli e li richiama, con un linguaggio universale che non ha bisogno di parole, a un amore più grande. Un amore che oggi appare quanto mai necessario, un antidoto al veleno dell’odio e della divisione.

Ogni anno, migliaia di pellegrini da ogni angolo del pianeta giungono al Santuario, inaugurato da un Papa santo, Giovanni Paolo II. Non cercano solo un miracolo, ma un senso. Trovano a Siracusa non solo un luogo di culto, ma un crocevia di storie, un punto di incontro dove le fragilità umane si intrecciano in una comune ricerca di conforto e di pace. Questo flusso ininterrotto di persone ci ricorda che la nostra città è custode di un messaggio che non le appartiene in via esclusiva, ma che è patrimonio dell’umanità intera.

Le lacrime di Maria sono un monito per tutti noi, credenti e non. Ci scuotono dal torpore di una società che troppo spesso antepone il materialismo alla persona, l’avere all’essere. Ci invitano a riscoprire l’autentico spirito di comunità, a guardare il nostro vicino non con sospetto, ma con empatia. Ci spingono a ricostruire quel tessuto sociale sfilacciato, a ritrovare il valore della solidarietà e del dialogo.

In questo giorno di memoria, Siracusa ha l’occasione di rinnovare la sua vocazione più profonda: essere faro di speranza. Che il ricordo di quelle lacrime prodigiose possa ispirare in ciascuno di noi gesti concreti di pace, nelle nostre famiglie, nei nostri quartieri, nel nostro lavoro. Perché è solo riscoprendo la centralità dell’essere umano e la forza dell’amore che potremo asciugare le tante, troppe lacrime che ancora oggi bagnano il volto del nostro mondo.

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