Aggiornato al 27/11/2023 - 14:36

Siracusa, martedì 19 dicembre, al Teatro comunale andrà in scena “Il Derviscio di Bukhara”

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Armonie d’Oriente fra teatro, musica e danze sufi ne “Il derviscio di Bukhara” di Alberto Samonà
𝗠𝗮𝗿𝘁𝗲𝗱𝗶̀ 𝟭𝟵 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲, 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝟮𝟭, 𝗮𝗹 𝗧𝗲𝗮𝘁𝗿𝗼 𝗠𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗖𝗼𝗺𝘂𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗦𝗶𝗿𝗮𝗰𝘂𝘀𝗮 (via del Teatro, Ortigia), andrà in scena “𝗜𝗹 𝗗𝗲𝗿𝘃𝗶𝘀𝗰𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗕𝘂𝗸𝗵𝗮𝗿𝗮”, spettacolo scritto e diretto da Alberto Samonà: un viaggio, che attraverso narrazione, musica e danze sufi e persiane, conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente e dell’Asia Centrale, alla scoperta della spiritualità dei dervisci, di cui la città di Bukhara fu in vari periodi uno dei centri più importanti.
Narrazioni teatrali con 𝗦𝘁𝗲𝗳𝗮𝗻𝗶𝗮 𝗕𝗹𝗮𝗻𝗱𝗲𝗯𝘂𝗿𝗴𝗼 𝗲 𝗗𝗮𝘃𝗶𝗱𝗲 𝗖𝗼𝗹𝗻𝗮𝗴𝗵𝗶. Musica e canti sufi originali e della Tradizione con 𝗧𝗶𝘁𝗼 𝗥𝗶𝗻𝗲𝘀𝗶 & 𝗘𝗻𝘀𝗲𝗺𝗯𝗹𝗲 𝗗𝗮𝗿𝗴𝗮𝗵: 𝗧𝗶𝘁𝗼 𝗥𝗶𝗻𝗲𝘀𝗶 (voce, tamburo a cornice, saz), 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗼 𝗚𝗿𝗮𝘀𝘀𝗶𝗻𝗶 (oud e voce), 𝗥𝗲𝗻𝗲́ 𝗥𝗮𝘀𝗵𝗶𝗱 𝗦𝗰𝗵𝗲𝗶𝗲𝗿 (flauto ney), 𝗙𝗹𝗮𝘃𝗶𝗼 𝗦𝗽𝗼𝘁𝘁𝗶 (percussioni e voce). Danze dei dervisci e coreografie con 𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮 𝗖𝗲𝗿𝗻𝘂𝘁𝗼 (danze persiane) e 𝗔𝗺𝗮𝗹 𝗢𝘂𝗿𝘀𝗮𝗻𝗮 (Samā, danze sufi). Il testo è del giornalista e scrittore 𝗔𝗹𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗦𝗮𝗺𝗼𝗻𝗮̀. Produzione “Terzo Millennio Progetti Artistici”.
“Il Derviscio di Bukhara” è offerto dal Parco Archeologico di Siracusa, che lo ha voluto donare a Siracusa nell’ambito del programma di iniziative “Il Parco per la città”, grazie alla collaborazione con il Comune, che ha messo a disposizione il Teatro Massimo cittadino.
Lo spettacolo prevede un 𝗯𝗶𝗴𝗹𝗶𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗼 𝘀𝗶𝗺𝗯𝗼𝗹𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗶 𝟭 𝗲𝘂𝗿𝗼. Le prenotazioni posso essere effettuate direttamente al botteghino del teatro, dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20, telefonicamente allo 0931 1791148, oppure 3345683715. Per info: direzione@teatrodellacitta.it.
Tra simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo, “Il derviscio di Bukhara” non è uno spettacolo teatrale, musicale o di danza, ma un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo che si dischiude in una dimensione senza tempo, ancorché antica di secoli. Un gesto di ringraziamento e al tempo stesso, una preghiera, proprio come il samā dei dervisci.
È un incontro fra tradizioni: la spiritualità dell’Asia Centrale, la danza sacra dei dervisci e quelle di più marcata influenza persiana, la musica sufi dell’area ottomano-turca e del vicino Oriente e le narrazioni circolari e rituali dell’Asia. Un incontro che è metafora di un viaggio lungo la “Via della Seta”, di cui la città di Bukhara fu tappa fondamentale, meta di viaggiatori di ogni provenienza che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva e congiunge, spiritualmente e culturalmente, Oriente e Occidente, fino al Mediterraneo.
Al centro della vicenda narrata c’è l’arte dei tappeti, che in questi luoghi si tramanda da sempre e che schiude alla conoscenza di antichi saperi. Ma è anche un racconto d’amore: fra i riferimenti e le fonti a cui si ispira lo spettacolo, infatti, vi sono fiabe e poemi orientali, fra cui la storia di “Leyla e Majnun” di Nizami Ganjavi, poeta persiano del XII secolo d.C. Il testo è, inoltre, arricchito dall’inserimento di racconti della tradizione del Sufismo.
Le armonie musicali e i canti patrimonio dei dervisci accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze sacre danno la possibilità di scoprire un universo sacro che congiunge il nostro piano con quello Divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, propria della tradizione dei cantastorie erranti d’Oriente.
“Il derviscio di Bukhara” può, dunque, essere considerato come la ricerca di un incontro con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.

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