Aggiornato al 02/12/2025 - 14:16
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Messina, Operazione antimafia: 5 arresti e sequestri per 250 mila euro a Tortorici

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La Guardia di Finanza esegue cinque misure cautelari per trasferimento fraudolento di valori: sequestrate due ditte individuali intestate a prestanome, un distributore di carburanti e un bar gestiti da soggetti legati alle famiglie Bontempo-Scavo e Santapaola-Brunetto

La Guardia di Finanza di Messina ha eseguito un’operazione antimafia che ha portato all’applicazione di cinque misure cautelari personali e al sequestro di due ditte individuali per un valore complessivo superiore a 250mila euro. L’ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari su delega della Procura della Repubblica e della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

Due persone sono state sottoposte agli arresti domiciliari, mentre altre tre hanno ricevuto la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’attività imprenditoriale. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro preventivo del complesso aziendale strumentale all’esercizio dell’attività di distribuzione di carburante al dettaglio, con rivendita di tabacchi, e dell’attività di bar e altri servizi collegati.

Gli indagati rispondono del reato di trasferimento fraudolento di valori, che punisce chi attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità per eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali o per agevolare la commissione di delitti come ricettazione, riciclaggio o reimpiego di denaro di provenienza illecita. Gli illeciti contestati risalgono al periodo compreso tra febbraio 2022 e agosto 2023 e si sono verificati a Tortorici, dove sono ubicate le ditte sequestrate.

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e delegate al Comando Provinciale della Guardia di Finanza, sono nate nell’ambito di attività investigative mirate volte ad approfondire informazioni fornite dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza. Dall’analisi di numerosi contratti collegati tra loro è emersa una scrittura privata con la quale i due principali indagati avrebbero schermato, attraverso prestanome, la titolarità di un impianto di distribuzione stradale di carburanti.

Con modalità analoghe, un locale commerciale adibito a bar nella stessa stazione di servizio risultava intestato formalmente a una terza persona. In entrambi i casi, la titolarità formale delle imprese è stata attribuita a prossimi congiunti, in particolare ai figli dei reali interessati, già colpiti dalla misura cautelare dell’interdittiva dall’esercizio dell’attività imprenditoriale. Questo artificio avrebbe consentito agli indagati di continuare a gestire materialmente le attività e a spartirsi i proventi derivanti dalle imprese di cui si erano solo formalmente spogliati.

Le indagini hanno permesso di ritenere che il ricorso all’intestazione fittizia fosse finalizzato a sottrarre i beni agli strumenti predisposti dall’ordinamento per evitare illeciti arricchimenti e tutelare l’economia sana dalla circolazione di denaro e beni frutto di attività mafiose. Gli indagati risultano appartenenti o contigui a due diverse organizzazioni di criminalità organizzata di tipo mafioso, una operante nella zona ionica e l’altra sulla fascia tirrenica della provincia di Messina.

Uno dei soggetti coinvolti risultava già appartenente ai Bontempo-Scavo, articolazione della famiglia mafiosa dei tortoriciani, ed è stato condannato con diverse sentenze passate in giudicato per i delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, maltrattamento di animali, omicidio tentato e porto abusivo d’armi.

Il secondo indagato, attualmente detenuto in carcere, è risultato il proprietario di fatto di un’impresa formalmente intestata al figlio e operante nel settore del noleggio di imbarcazioni turistiche nello scenario di Isola Bella di Taormina. Il soggetto, riconducibile alla famiglia mafiosa Santapaola-Brunetto, è stato colpito nel corso dell’anno da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione Kalaat per plurimi reati di estorsione aggravati dal metodo mafioso. In quella indagine era emerso come l’indagato avesse conseguito, con metodo e finalità mafiose, l’obiettivo di escludere qualsiasi altro operatore turistico nei pressi di Isola Bella di Taormina, monopolizzando di fatto l’attività di escursioni turistiche.

Le indagini successive hanno portato all’esecuzione delle misure odierne attraverso approfondimenti economico-patrimoniali, dai quali è risultato che gli investigati e i relativi familiari possedevano beni in misura sproporzionata rispetto ai redditi leciti dichiarati, confermando la stretta correlazione temporale tra i comportamenti antisociali documentati e l’illecito arricchimento accertato.

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