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Nelle foto e nel video degli attivisti del Movimento antincendio ibleo tutta la devastazione lasciata dai violenti e dolosi roghi delle ultime settimane
[/vc_column_text][vc_text_separator title=”di Damiano Chiaramonte”][vc_video link=”https://youtu.be/Vet81-TLvfE”][vc_column_text]Le immagini di questo servizio sono impietose e nella loro drammaticità ci consegnano una realtà difficile da digerire per chi ha anche minimamente a cuore il presente ed il futuro del prezioso patrimonio naturalistico degli Iblei. Sono le foto e il video di ciò che resta di una vasta area compresa tra Grotta Palombara, il Val d’Anapo e Grotta Palombara, dopo gli incendi delle ultime 48 ore.
E così, dopo Noto Antica, la Riserva di Vendicari e la Riserva Naturale Orientata Cavagrande del Cassibile, sono andati in fumo anche molti ettari di macchia mediterranea e quercete di uno dei più importanti siti archeologici dell’ Italia del Sud, nello straordinario contesto naturalistico del Calcinara. Cavagrande e Pantalica, oltre che una vasta area della Valle dell’Anapo tra Buscemi e Palazzolo Acreide.
“Sono annoverati tra i principali gioielli del costituendo Parco Nazionale degli Iblei – ricordano gli attivisti del Mai, il Movimento antincendio ibleo – un progetto inviato a dicembre 2020 al Ministero dell’Ambiente e non ancora finalizzato e approvato”.
Il Val d’Anapo brucia da dieci giorni, incenerendo oltre 300 ettari di terreno. Roghi persistenti e devastanti stanno distruggendo ettari di boschi e di macchia mediterranea – spiegano i volontari del Mai – dove insiste un immenso patrimonio paesaggistico, storico-etnoantropologico (muri a secco, niviere, mulini ad acqua, antiche masserie, palmenti, frantoi, abbeveratoi, concerie, edicole votive e regie trazzere), naturalistico (sorgenti d’acqua, cave, grotte, boschi e sentieri), scrigno di una delle più grandi biodiversità d’Europa, i S.I.C. (Siti d’Importanza Comunitaria) degli Iblei.
Per arginare tutto ciò, le associazioni ambientaliste che costituiscono il Mai chiedono che venga posto termine al lunghissimo iter e sia istituito subito, a gestione pubblica, il Parco Nazionale degli Iblei, (in virtù della Legge n° 222 del 29.11.2007 art.26, comma 4 septies) per avere un maggior controllo del territorio, così come avviene negli altri parchi nazionali dove gli incendi sono molto limitati. Per lo stesso motivo (gli incendi persistenti) e con la stessa legge, infatti, fu istituito, in Sicilia, il Parco Nazionale di Pantelleria. Perché il territorio possa beneficiare così dei vantaggi e delle opportunità in termini di economia sostenibile e di tutela dei beni ambientali e culturali (salvaguardia degli ecosistemi naturali, recupero dei centri storici, degli edifici di valore storico e culturale, dei nuclei abitati rurali e dei borghi).
Una richiesta – ricordano gli attivisti – sottoscritta già da oltre 7.400 Italiani nella piattaforma Change (https://www.change.org/p/creiamo-il-parco-nazionale-degli-iblei).
“Chiediamo inoltre che sia resa operativa la legge 68/2005 che ha introdotto gli eco-reati nel codice penale – aggiungono – infatti oltre al delitto di incendio doloso, nei casi più gravi, si può configurare, per le conseguenze che hanno i grandi incendi, il delitto di disastro ambientale. E che i Comuni applichino la obbligatoria legge nazionale 353/2000 della mappatura catastale dei terreni bruciati per cui per 10 anni vi è il divieto di caccia, pascolo e di nuove edificazioni”.
Gli attivisti del Mai inoltre chiedono che il servizio di spegnimento tramite aerei o elicotteri sia a gestione regionale o statale come richiesto da oltre 7.900 persone (change.org/Canadair) e che siano adottati tutti gli strumenti tecnologici per la prevenzione come il Fire-Sat in Basilicata, cioè il rilevamento satellitare di temperatura e aridità o di innesco di incendi.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]











