Aggiornato al 26/06/2021 - 10:01

Dal 1 luglio 2021 stop selettivo ai licenziamenti: e dopo?

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[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”Rubrica a cura dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Siracusa”][vc_column_text]Il 1 luglio 2021 è una data destinata a rappresentare un importante spartiacque: in base a quanto previsto dall’art. 8, DL 41/21, infatti, per le aziende del settore industriale ed edile sarà possibile scegliere se ricorrere agli ammortizzatori sociali ordinari o licenziare. Per il settore terziario e dei pubblici esercizi, invece, il divieto di licenziamento continuerà a restare in vigore fino al 31/10/2021.

Tale provvedimento, in considerazione del diffondersi di alcune varianti particolarmente contagiose del virus e di una campagna vaccinale che non procede in maniera particolarmente spedita, continua ancora a fare discutere, tanto che già la prossima settimana è atteso un ulteriore decreto che dovrebbe spostare lo stop ai licenziamenti al 31 ottobre anche per le aziende industriali del settore tessile e calzaturiero.

A prescindere da quale sarà la direzione presa, appare utile cercare di analizzare il problema allargando in maniera significativa la visuale, per comprendere come una scelta così importante abbia impattato sul tessuto sociale e delle imprese.

Dal punto di vista tecnico, imporre per legge un divieto ai licenziamenti non può che essere considerato un fallimento dello Stato. Non certamente perché non sia giusto tutelare i lavoratori, ma perché imponendolo per legge si è avuta la certificazione, laddove ve ne fosse stato bisogno, dell’inesistenza di politiche attive per il lavoro. Il recente commissariamento dell’Anpal (l’Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro) ne rappresenta il triste epilogo. Si è avuta la certezza che un soggetto che perda il lavoro nel nostro Paese è sostanzialmente lasciato solo. E questo è ancora più drammatico se a perdere il lavoro sia un soggetto debole.  Se c’è una cosa, tra le tante, che questa pandemia ci ha messo davanti senza filtri è proprio l’assoluta incapacità di creare una rete di sicurezza in grado di intercettare le persone in cerca di lavoro e fornire loro il supporto indispensabile per riprendere o ricominciare un nuovo percorso. Non si punta in alcun modo a dare fiducia alla capacità delle persone, ma si preferisce continuare a dare aiuti a pioggia per ridurre temporaneamente il costo del lavoro, svilendone ancora di più il valore.

Si parla da decenni di riformare i centri per l’impiego, ma neppure con l’arrivo dei c.d. navigator vi è stato alcun cambiamento percepibile. Purtroppo, il cittadino che abbia perso il lavoro continua a vedere tali uffici come dei meri impicci burocratici, non in grado di offrire delle concrete opportunità lavorative o di formazione.

Ed è ancora più grave che la decisione finale tra la proroga o meno del blocco dei licenziamenti possa dipendere dal momentaneo peso specifico di sindacati (il cui compito è quello di tutelare i diritti dei lavoratori) e imprese (il cui obiettivo è quello di generare utili). E’ evidente come a nessuna di queste due categorie da sola possa essere dato il potere di prendere decisioni di questo tipo, pena l’inevitabile scontro sociale che peggiorerebbe soltanto le cose.

Dato questo contesto di completa inefficienza, nel nostro Paese il blocco dei licenziamenti, ha prodotto un importante effetto di redistribuzione di ricchezza, insieme a provvedimenti quali il reddito di emergenza, il reddito di cittadinanza e le diverse forme di contributi a fondo perduto.

Considerata tuttavia la mole di debito pubblico che è stata necessaria a finanziare queste misure, il ritorno alla realtà sarà sicuramente molto più duro di quanto non si possa pensare, a meno che non si ipotizzi una cancellazione di tale debito, dato che la sua restituzione appare poco verosimile.

Alla luce di questi elementi, ci si aspetta che la riforma (ennesima) degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive per il lavoro attesa entro la fine di settembre, possa contenere pochi ma decisivi elementi finalizzati non solo a tutelare economicamente tutte le categorie di lavoratori in difficoltà (aspetto assolutamente indispensabile) ma, finalmente, a consentire l’avvio di percorsi seri di valorizzazione delle capacità dei singoli, senza le quali sarà sempre più difficile rientrare nel mondo del lavoro.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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