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Mi chiamo Federica e…

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…qui scrivo, oggi, delle mie due appartenenze, fiera figlia di un nord e un sud che ancora palleggiano occhiolini e sfottò.

di Federica Capodicasa

Mi sono trasferita in Sicilia più o meno un anno e mezzo fa, giorno più giorno meno.

Sono nata a Milano, la capitale economica, la città che tutto può e in cui tutto si può. Una città di larghe vedute, quelle su palazzi e grattacieli, ma di menti strette.

Sono cresciuta a Milano, ho studiato a Milano, ho amato, ho pianto e ho riso a Milano, ma senza davvero aver fatto nulla di tutto ciò. Che io mi ricordi, almeno.

milano siracusapressHo amato Milano per certi versi, l’ho odiata per altri, soprattutto per quel suo vezzo principe: Milano è una città intangibile, lo sono le persone come le azioni che si compiono nel quotidiano, come i pensieri che caoticamente ti si affollano ogni giorno nella testa per poi scomparire in un attimo. Ecco perché io ho ricordi indistinti. Tutto fumo, insomma, in tutti i sensi.

Milano è una città sfuggente in cui tutto sguiscia via e io, come un tuppetto impazzito, ho cercato per anni, senza risultato alcuno, di acchiappare corpi e affetti.

Scappavo da Milano appena potevo, già al tempo dei biglietti aerei cartacei, quelli che si potevano acquistare solo nelle agenzie di viaggio.

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A soli dodici anni già conoscevo a memoria il ritornello che gli assistenti di volo pronunciano poco prima del decollo. Avrei potuto esserci io lì, con i ditini all’insù.

Un amore viscerale il mio, per la Sicilia, quella terra maligna che in pochi giorni tutto mi dava e, in altrettanti, tutto mi toglieva.

Tornavo a Milano preda di una mestizia incontenibile e inspiegabile.

Inspiegabili quei palpiti, quelle emozioni, quella tangibilità viscosa quasi, come le mani di nonna mentre preparava la mollica cunzata o come il suo ventaglio ormai intriso di acqua di colonia.

Tornavo a Milano e ritornavo nella mia forma liquida che scorre senza sosta adattandosi ai suoi molteplici recipienti.
Poi un anno fa ho detto basta!

federica siracusapress“Parevi nuddu, eppure…” Eppure, ho tirato fuori gli attributi, ho liberato Milano dalla mia presenza ingrata e sono sbarcata in Trinacria, giusto un attimo prima che il mondo intero si fermasse, quasi a voler mettere alla prova le mie effettive intenzioni, quasi a voler smascherare un capriccio. “Ma c’era bisogno di una pandemia?”

Qui sono, qui resto e qui scrivo, oggi, delle mie due appartenenze, fiera figlia di un nord e un sud che ancora palleggiano occhiolini e sfottò.

Stai tranquilla Milano, io non ti odio mica! Se non tu, chi altri mai, mi avrebbe fatto cambiare vita?

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