Aggiornato al 19/01/2021 - 17:41

Il mistero della tomba di Archimede

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[vc_row][vc_column][vc_facebook][vc_text_separator title=”A cura di Giancarlo Germanà Bozza”][vc_column_text]La ricerca della tomba di Archimede ha da sempre affascinato studiosi ed appassionati della storia di Siracusa. A partire dal XVI secolo, negli studi degli eruditi, si trova spesso riportato il celebre passo delle Tusculane (V, 64 – 65), dove si leggeva che fu proprio Cicerone “quando fu questore, a scoprirne il sepolcro, sconosciuto ai Siracusani, che anzi ne negavano l’esistenza, circondato da ogni parte e sepolto da rovi e pruni”. Secondo la tradizione il sepolcro era riconoscibile perché su di esso erano incisi “una sfera con un cilindro”.[/vc_column_text][vc_single_image image=”7840″ img_size=”full” css_animation=”fadeInLeftBig” title=”La morte di Archimede in un’incisione del pittore francese Gustave Courtois (1853 – 1923).”][vc_column_text]Cicerone condusse le ricerche presso una necropoli (“una zona con un gran numero di sepolcri”) vicino uno degli ingressi della città (“la porta di Agrigento”) riuscendo a trovare “una colonnina che sporgeva appena dai rovi, sulla quale c’era la figura di una sfera e di un cilindro”. Dopo la scoperta Cicerone si occupò del recupero del monumento, che fu ripulito e reso nuovamente accessibile. A questo punto troviamo nel testo di Cicerone la descrizione del basamento, su cui “si intravedeva un’iscrizione, corrosa nelle parti finali, co i versi quasi dimezzati”.

Il passo di Cicerone ha alimentato la curiosità dei dotti studiosi del passato, come ancora oggi la nostra, ed in molti hanno dato la loro interpretazione della collocazione della necropoli e della “porta di Agrigento”. Per cercare la tomba di Archimede, Cicerone tenne presente la descrizione della decorazione formata da una sfera e da un cilindro che doveva essere collocata nella parte alta della tomba (in summo sepulcro), individuando alla fine, presso una porta di Acradina, un monumento corrispondente a questa descrizione.

Negli ultimi secoli sono state fatte varie ipotesi riguardo la sua effettiva collocazione, una delle quali la identifica con un monumento funerario con prospetto a edicola tagliato nella roccia, due colonne e frontone, visibile percorrendo viale Teracati.

Spostandoci nella parte della città antica denominata Epipole, nella moderna contrada Grotticelle, possiamo segnalare la presenza di altre aree di sepoltura di età romana. Dal III secolo a.C. fino alla prima età imperiale furono in uso camere sepolcrali con decorazione architettonica sulla facciata esterna e con arcosoli polisomi all’interno, contenenti i resti incinerati all’interno di urne di piombo, in alcuni casi con iscrizioni[1].

[/vc_column_text][vc_separator][vc_row_inner][vc_column_inner][vc_column_text][1] P. Orsi, Scavi e scoperte archeologiche nella Sicilia Orientale nel biennio 1/2 1911, in NSA, 1912, pp. 238 – 239; P. Orsi, Di alcuni ipogei recentemente scoperti a Siracusa, in NSA, 1913, pp. 257 – 280.[/vc_column_text][vc_column_text]Altre sepolture, datate in base ai corredi tra la fine del III ed il II secolo a.C., sono state individuate nel 1895 circa 40 sepolture, sia incinerazioni in stamnoi sia inumazioni[1].

Le indagini archeologiche condotte a più riprese da Orsi permisero di individuare una vasta necropoli che si estendeva nelle contrade Zappalà, Grotticelli, Temenite e Molino dell’Arco, il cui uso andava dalla fine del V al II secolo a.C. con alcune sepolture successive ad una fase di abbandono datate tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale[2]. A quest’ultimo periodo si data l’uso di hydriai acrome come cinerari rinvenute nella zona della cosiddetta “Tomba di Archimede”[3].

[/vc_column_text][vc_gallery type=”image_grid” images=”7843,7844″ img_size=”medium” title=”La cosiddetta “Tomba di Archimede” a Siracusa; epigrafe romana proveniente dalla contrada Grotticelli.”][vc_separator][vc_column_text]Dalla necropoli di contrada Grotticelli segnala il rinvenimento fortuito, durante lo svuotamento di una cisterna, di una epigrafe in marmo bianco. Nel testo sono menzionati dei cognomi non romani che già l’editore della scoperta interpretò come di origine nordafricana, probabilmente da identificare con personaggi che avevano ricevuto la cittadinanza romana durante il regno dei Flavi, ovvero tra la fine del I e la prima metà del II secolo d.C.[1]

In contrada Grotticelli, all’incrocio tra viale Epipoli e via Necropoli Grotticelle, durante i lavori per la costruzione di un albergo fu rinvenuta una platea formata da blocchi parallelepipedi uniti tra loro con grappe metalliche. Questa platea era impostata direttamente su una fossa rettangolare scavata nella roccia, all’interno della quale sono state rinvenute due urne cinerarie a cassetta di piombo, alcuni frammenti di laminette di avorio, frustuli di terracotta e di bronzo e due anelli d’oro con pesci incisi e con corniola recante una testa maschile intagliata. La struttura è stata datata, in base al corredo, tra la fine del IV ed il III secolo a.C. ed è stata interpretata come il basamento di un grande mausoleo.

[/vc_column_text][vc_separator][vc_column_text][1] P. Orsi, Di alcune necropoli secondarie di Siracusa, in NSA, 1897, pp. 471 – 504.

[1] P. Orsi, Di una necropoli dei bassi tempi riconosciuta nella contrada Grotticelli, in NSA, 1896, pp. 334 – 356; P. Orsi, Scoperte nel predio D’Agata in contrada Zappalà, in NSA, 1901, pp. 336 – 338; P. Orsi, Siracusa, in NSA, 1920, pp. 303 – 327.

[1] P. Orsi, Di alcuni ipogei recentemente scoperti a Siracusa, in NSA, 1913, pp. 257 – 280; L. Bernabò Brea, Siracusa. Necropoli Grotticelli. Scavo di una cisterna, in NSA, 1947, pp. 204 – 214.

[1] P. Orsi, Siracusa. Necropoli Grotticelli. Scavo di una cisterna, in NSc, 1947, pp. 204 – 205, fig. 1.[/vc_column_text][vc_separator][vc_column_text]La magnificenza con cui era decorato questa tomba, di cui si conservano alcuni frammenti architettonici, ha fatto ipotizzare che possa essere la sepoltura monumentale del sovrano Agatocle.

Dalla zona circostante provengono alcuni reperti sporadici, tra i quali ricordiamo un askos configurato a giovane satiro recumbente datato tra la fine del III ed il II secolo a.C.

A breve distanza dalla cosiddetta “tomba di Agatocle” è stata individuata, nel 1958, una fossa rettangolare scavata nella roccia contenente numerosi cinerari fittili acromi, urne di piombo e vasetti di corredo, usata per successive deposizioni dalla seconda metà del III e per tutto il II secolo a.C.[1]

Questa tipologia di tomba monumentale trova un altro importante esempio all’esterno delle mura dionigiane. Lungo la via Valeria, la strada costiera che portava da Siracusa a Catania, sono ancora visibili i blocchi di un monumento funerario, detto localmente la “Guglia di Marcello”, datato al II – I secolo a.C. (fig. x).

[1] G.V. Gentili, Resti di un grande mausoleo ellenistico a Siracusa, in ASSirac, XIII, 1967, pp. 12 – 32.[/vc_column_text][vc_gallery interval=”3″ images=”7847,7848″ title=”La cosiddetta “Tomba di Agatocle” a Siracusa; la cosiddetta “Guglia di Marcello” a Siracusa.”][vc_separator][vc_column_text css_animation=”fadeInRight”]La magnificenza con cui era decorato questa tomba, di cui si conservano alcuni frammenti architettonici, ha fatto ipotizzare che possa essere la sepoltura monumentale del sovrano Agatocle.

Dalla zona circostante provengono alcuni reperti sporadici, tra i quali ricordiamo un askos configurato a giovane satiro recumbente datato tra la fine del III ed il II secolo a.C.

A breve distanza dalla cosiddetta “tomba di Agatocle” è stata individuata, nel 1958, una fossa rettangolare scavata nella roccia contenente numerosi cinerari fittili acromi, urne di piombo e vasetti di corredo, usata per successive deposizioni dalla seconda metà del III e per tutto il II secolo a.C.[1]

Questa tipologia di tomba monumentale trova un altro importante esempio all’esterno delle mura dionigiane. Lungo la via Valeria, la strada costiera che portava da Siracusa a Catania, sono ancora visibili i blocchi di un monumento funerario, detto localmente la “Guglia di Marcello”, datato al II – I secolo a.C. (fig. x).

[1] G.V. Gentili, Resti di un grande mausoleo ellenistico a Siracusa, in ASSirac, XIII, 1967, pp. 12 – 32.[/vc_column_text][vc_separator][vc_gallery interval=”3″ images=”7849,7850″ title=”Archimede immerso nei suoi studi in un’illustrazione tratta da un dipinto di Niccolò Barabino (1832 – 1891); l’area della cosiddetta “tomba di Archimede”.”][vc_separator][/vc_column_inner][/vc_row_inner][vc_column_text][1] G.V. Gentili, Resti di un grande mausoleo ellenistico a Siracusa, in ASSirac, XIII, 1967, pp. 12 – 32.[/vc_column_text][vc_column_text]

Tra le numerose tombe scavate nella roccia calcarea spiccano due colombari romani datati ad un periodo compreso tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C. Entrambi hanno un ingresso monumentale che ricorda il prospetto di un tempietto, con il frontone impostato su due semicolonne di ordine ionico. Il colombario posto più a sud, visibile da viale Teracati e dalla via Romagnoli, è stato erroneamente interpretato proprio come la “tomba di Archimede”. Questa identificazione è chiaramente sbagliata e per trovare la sepoltura dell’illustre scienziato siracusano occorre spostarci fuori dalle mura della città antica, verosimilmente nell’area della necropoli del Fusco. Nel testo di Cicerone leggiamo che la sepoltura era segnalata dalla rappresentazione di una colonnina sopra una sfera ed un cilindro, che alludevano alle scoperte di Archimede.

Dopo la caduta di Siracusa, la collocazione della tomba cadde in un immeritato oblio e in tale condizione tornerà anche dopo la scoperta. Per noi moderni può essere anche motivo di riflessione anche l’ultimo impegno di Cicerone, il quale si curò di rendere accessibile la tomba attraverso la pulizia delle erbacce a vantaggio dei Siracusani stessi “che avevano ormai perso la memoria del loro illustre concittadino”.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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