Aggiornato al 22/11/2020 - 16:24

Santa Lucia alla Badia e i suoi segreti

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In molti, tra curiosi e viaggiatori, sono transitati velocemente quanto distrattamente dalla Chiesa di Santa Lucia alla Badia per andare dritti a vedere il celebre quadro del Caravaggio “Il Seppellimento di Santa Lucia”, quest’ultimo oggi più che mai balzato sulle cronache nazionali per la sua travagliata quanto sofferta ‘trasferta’ a Rovereto. Ma pochi, anche tra i più attenti visitatori, che hanno visto la Chiesa e il complesso monastico di Santa Lucia sotto la regola di San Bernardo (noti come ‘La Badia’), se hanno apprezzato lo splendido esempio di architettura barocca, non avranno probabilmente immaginato quel latente rapporto che, sulla scia di recenti ipotesi, sembra potersi cogliere tra la Chiesa e l’antico Tempio di Salomone. 

Descritto in dettaglio nelle sue dimensioni nell’antico testamento, il Tempio di Salomone, nel cui altare era custodita l’Arca della Santa Alleanza, è il primo tempio ebraico della storia e, secondo un’antica tradizione esoterica, pare stia alle origini della stessa Massoneria.

Ma veniamo ai fatti storici: Santa Lucia alla Badia fu una delle prime chiese di Ortigia ad essere ricostruite dopo il terribile terremoto del gennaio del 1693; il progettista incaricato fu l’architetto Luciano Caracciolo che iniziò i lavori di ricostruzione modificando completamente l’assetto originario ruotando l’orientamento della Chiesa e spostando il prospetto principale da Via Picherali sulla Piazza Duomo.

Il fatto fondamentale su cui riflettere è che fu la prima chiesa ad essere ricostruita dopo il terremoto (1695-1705), precedendo addirittura di venti anni la ricostruzione della facciata della Cattedrale; inoltre anche la sua dedicazione alla Santa Patrona di Siracusa, contribuisce ad elevare la sua importanza, architettonica oltre che religiosa, fino ad assumere un alto valore simbolico rispetto alla ricostruzione dell’intera città, ancora afflitta dal recente sisma. Queste riflessioni, qui tracciate brevemente, sembrano avvalorare l’ipotesi che alla base della sua rifondazione vi fosse il Tempio di Salomone, simbolo iconico della stessa religione ebraica cristiana. 

In effetti due studiosi, Salvatore Italia e Ranieri Meloni, allievi dello storico dell’architettura Marcello Fagiolo, hanno verificato questa ipotesi basandosi sul raffronto della ricostruzione grafica del Tempio di Salomone pubblicata agli inizi del Seicento dai due gesuiti andalusi Juan Bautista Villalpando e Jeronimo Prado che tanto successo ebbe in tutta Europa. Le proporzioni della pianta e dell’altezza della navata coincidono con quelle proposte per il Tempio di Salomone. Ancora, riferimenti all’antico Tempio si ritrovano anche in altri particolari come nelle due colonne tortili, comunemente chiamate “salomoniche”, simili a quelle che la tradizione attribuisce all’ingresso del Tempio ebraico e le decorazioni del primo e secondo ordine della facciata descritte dall’antico testamento. 

Certo, tutto questo resta ancora nel campo delle ipotesi, pur estremamente avvincenti, come da indagare è ancora l’architettura del “parlatorio” del Monastero e dei suoi riferimenti simbolici: un ambiente a cui si accede sia dall’esterno da Via Santa Lucia alla Badia che dall’interno della Chiesa stessa. Si tratta di uno eccezionale spazio di forma ovale con dodici colonne doriche realizzato, nella sua conformazione attuale, alla fine degli anni trenta dell’Ottocento, con una volta a cassettoni. Ma la sala con le dodici colonne non rimanda, oltre al tempio di Salomone, anche alla descrizione del “tempio” massonico? Chissà quali e quanti misteriosi riferimenti si celano ancora tra le geometrie e gli spazi di queste straordinarie architetture che segnano l’immagine della nostra città.

 

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