Aggiornato al 25/12/2020 - 20:24

I relitti raccontano: il Wellington nel mare del Plemmirio

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Ancora una volta il mare siracusano, sempre prodigo di testimonianze provenienti dal passato, ha aperto i suoi scrigni per farne uscire un prezioso pezzo di storia siciliana, italiana e mondiale.

Nel mese di ottobre 2017 il sottoscritto ed altri appassionati subacquei hanno avuto la fortuna di ritrovare nelle acque dell’Area Marina Protetta del Plemmirio i resti del relitto di un Vickers Wellington, un bombardiere inglese ampiamente utilizzato dalle forze Alleate nel corso di tutta la Seconda Guerra Mondiale. Si trattava di un bimotore con un’apertura alare di 26 metri e in grado di trasportare sei membri di equipaggio. La caratteristica più particolare del Vickers Wellington era la sua struttura portante geodetica, composta da elementi di alluminio collegati fra loro a formare una sorta di graticcio ricoperto da una tela impermeabile.  Questa struttura conferiva all’aereo una buona robustezza unita ad una grande leggerezza, con l’ulteriore vantaggio di poter resistere molto bene ai proiettili nemici in virtù dei moltissimi spazi vuoti presenti al suo interno. Il relitto giace ad una profondità di 33 metri, a circa 150 metri dalla costa.

La sua frammentarietà e il fatto che i resti del relitto fossero sparsi su un’ampia superficie di fondale ci hanno immediatamente suggerito che l’aereo dovesse essersi distrutto nell’impatto con l’acqua, e che quest’ultimo doveva essere stato molto violento. Era quindi facile ipotizzare che l’aereo fosse stato colpito dalla contraerea mentre era ancora in volo. Non a caso proprio su Capo Murro di Porco era presente la batteria contraerea Lamba Doria, che aveva il compito di difendere Siracusa da eventuali incursioni nemiche. La localizzazione del sito inoltre lasciava immaginare che questo aereo potesse essere tra quelli che avevano preso parte allo sbarco degli Alleati in Sicilia del luglio 1943.

Sono così iniziate lunghe e appassionate ricerche storiche che hanno infine portato ad un’identificazione oltre ogni ragionevole dubbio. Ecco la storia dell’aereo e dello sfortunato equipaggio che trasportava:

come noto, la notte tra il 9 ed il 10 luglio 1943 ebbe inizio l’operazione Husky, che doveva portare all’invasione della Sicilia da parte degli eserciti inglese e statunitense. In particolare, lo sbarco lungo le coste orientali dell’isola venne affidato agli inglesi, sotto il comando del generale Montgomery. I suoi uomini sarebbero sbarcati fra Capo Passero e il Plemmirio per poi risalire attraverso Siracusa e Catania fino a Messina.

A supporto dell’invasione navale furono organizzate numerose incursioni aeree, che videro il coinvolgimento di centinaia di aerei partiti dalle coste nordafricane con il compito di trainare alianti i quali dovevano trasportare soldati oltre le linee nemiche. Questi avrebbero dovuto prendere possesso di numerosi obiettivi strategici per “preparare il campo” alle truppe che sarebbero giunte successivamente via mare; fra questi obiettivi figurava il Ponte Grande sull’Anapo. L’operazione che aveva l’obiettivo di conquistare il Ponte Grande fu denominata Ladbroke ed iniziò la notte tra il 9 e il 10 luglio.

Solo una minima parte degli alianti impiegati giunse correttamente a destinazione. Infatti, le cattive condizioni atmosferiche di quella notte e soprattutto l’inesperienza dei piloti statunitensi degli aerei rimorchiatori determinò lo sgancio di moltissimi alianti ad una quota troppo bassa e troppo lontano dalla costa. Il risultato fu un gran numero di alianti dispersi in mare aperto e nei pressi di Capo Murro di Porco, o schiantatisi contro i muretti a secco delle campagne circostanti.

Alcune testimonianze di soldati inglesi i cui alianti erano ammarati nei pressi della falesia del Plemmirio confermano che effettivamente un Wellington fu colpito ed affondò nei pressi di Capo Murro di Porco.

Questo il report del Lt J. S. D. Hardy, ufficiale di comando del 1st Battalion of the Border Regiment durante l’Operazione Ladbroke, che era a bordo dell’aliante n° 57. Riportiamo una sintesi del suo report:

“…Planammo lungo la costa meridionale del Capo di Porco, dirigendoci dritti verso la zona di atterraggio prevista, ma non riuscimmo ad arrivare a terra…mentre le porte di emergenza anteriori furono sganciate, quelle posteriori erano ancora chiuse quando l’aliante colpì l’acqua.

Subito la fusoliera si allagò completamente, ma non vi fu panico. Circa metà dell’equipaggio uscì dalle porte, il resto attraverso il tetto… all’arrivo a terra ci trovammo ai piedi di una parete rocciosa impossibile da scalare per avvicinarsi alle postazioni nemiche. Decidemmo di sostare lì sino alla mattina seguente.

Alle 02:20 della mattina del 10, un bombardiere, che doveva essere stato colpito da un colpo, lasciò cadere il carico di bombe in acqua a una trentina di metri da noi, poi si schiantò in mare.

Questo invece il racconto di George Chatterton, ufficiale di comando del Glider Pilot Regiment, che pilotava l’aliante n° 2, sul quale era imbarcato anche Philip Hicks, l’ufficiale di comando della 1st Air Landing Brigade.

“…Chatterton e Hicks videro altri alianti passare sopra di loro e, con il fuoco ancora diretto verso di loro dalle cime delle scogliere, decisero di provare a nuotare verso la riva. Mentre lottavano contro il mare… un bombardiere Wellington, in fiamme dal naso alla coda, colpì il mare dietro di loro. Chatterton pensò che il fuoco gli ricordava il brandy che brucia su un budino di Natale.”

Dai report Alleati sappiamo che quella notte i bombardieri Wellington del 37°, 142° e 424° squadrone parteciparono ad azioni diversive su Siracusa e Catania per distogliere l’attenzione e l’eventuale azioni di contrattacco del nemico dal Golfo di Noto, dove alle 02:55 iniziò lo sbarco degli Alleati.

Questo il summary report del 37° squadrone

“…Tra i tredici velivoli incaricati di attaccare l’area speciale di SIRACUSA c’erano inclusi due velivoli addetti a lanciare razzi, comandati dal Sgt. Challis e dal Sgt. Ball rispettivamente. Da questa operazione il sergente Ball e il suo equipaggio non hanno fatto ritorno.”

In particolare, due piloti del 37° squadrone testimoniano di aver visto un aereo cadere nei pressi del Capo Murro. Questo il report del F/Sgt. Ralph:

“Special area – Siracusa. 3 gruppi di bombe sganciati a Sud della città e sul centro. 2 paracadutisti visti scendere eun aereo visto precipitare a Nord di Capo Murro di Porco.

Questo è invece il report del sgt. Challis, che pilotava uno dei due aerei addetti all’illuminazione degli obiettivi:

“Special area – Siracusa. Sganciati 2 gruppi di razzi per illuminare l’area obiettivo. Visto un aereo cadere in mare.

Non ci sono invece notizie di aerei abbattuti appartenenti ai 121° e 424° squadrone; solamente un Wellington del 424° squadrone finì il carburante sulla via del ritorno e precipitò in Tunisia.

Questa sequenza di indizi ci fa quindi affermare con una ragionevole certezza che il relitto che giace nelle acque antistanti il Plemmirio sia il Wellington X HE756, appartenente al 37° squadrone al comando del sgt. Ball. Tramite i registri militari è stato possibile risalire ai nomi dei membri dell’equipaggio di quella notte:

  • W. L. Ball, 22 anni (GBR)
  • F/Sgt. C. M. Tweedle, 26 anni (CAN)
  • J. D. Lammin, 33 anni (GBR)
  • F/Sgt. K. T. R. Lucas, 24 anni (AUS)
  • J. Williams, 32 anni (GBR)
  • T. Kerr (GBR)

Nel 1948 vennero tutti dichiarati dispersi in mare ed archiviate le ricerche dei loro corpi da parte delle forze Alleate, i loro nomi vennero incisi nel marmo del Memoriale a Malta che raccoglie tutti i caduti del Commonwealth rimasti senza sepoltura.

Ecco che questo ritrovamento casuale e le ricerche storiche da qui scaturite sono state infine l’occasione per concludere degnamente una storia iniziata quasi 80 anni fa. È stata l’occasione per dare una tomba a sei ragazzi provenienti da tre continenti diversi, che in una notte di luglio del 1943 stavano facendo la loro parte nel combattere un Male che, partito dall’Europa qualche anno prima, aveva a quel punto intossicato tutto il mondo. Sei ragazzi che non hanno potuto riabbracciare i propri cari, che non hanno potuto festeggiare la fine di quel conflitto e la sconfitta di quel Male avvenuta anche grazie a loro. La loro vita ha per un attimo incrociato la Storia per riaffiorare decenni dopo in quel mare che è stato anche la loro ultima dimora. La loro morte ci ricorda l’insensatezza di ogni guerra, ammonendoci dal ripetere in futuro gli stessi errori.

 

 

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