Aggiornato al 25/11/2024 - 11:52
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La denuncia

“Transizione verde o declino industriale”: Fiom sul futuro del polo petrolchimico siracusano

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Recano: “10mila posti a rischio, il governo abbandona Siracusa. Dopo caso IAS serve piano nazionale

“Storicamente il movimento operaio ha sempre spinto il “capitale” all’innovazione, al salto tecnologico e al cambiamento sociale, oggi bisogna avere la consapevolezza di dover contribuire ad una rivoluzione che deve “ridisegnare” un nuovo modello industriale che senza una forte connotazione sociale avrà una ricaduta negativa su tutto il territorio. Un treno che l’Italia rischia di perdere definitivamente se il Governo non viene fuori dal “vuoto politico” reso evidente nel vertice sul caso IAS convocato al MIMIT il 21 novembre dal ministro Urso, dove si è consumata una farsa dell’ipocrisia tesa a scaricare sulla magistratura siracusana le responsabilità politiche in capo a Governi che in questi anni non hanno voluto mettere in campo quelle politiche industriali, utili a realizzare una nuova idea di sviluppo. Nel Polo siracusano risultano occupati circa 10.000 (4000 diretti  e 6000 negli appalti distribuiti in 1.247 aziende, numeri importanti che rendono evidente come Siracusa e la Sicilia abbiano bisogno di realizzare un proprio sistema energetico socialmente compatibile con le esigenze del territorio e delle Imprese. L’industria petrolchimica non scomparirà immediatamente ma la vera sfida è pretendere vengano rese esplicite le proposte e gli strumenti necessari per realizzare questa “rivoluzione verde”, in un rapporto di condivisione con territori dove l’insopportabile ricatto salute-lavoro paga il prezzo di un’Italia a due velocità che investe più al Nord, nonostante il Sud sia quello più compromesso sotto l’aspetto ambientale e sociale. In questo senso il caso IAS, il piano di trasformazione presentato da ENI, che di fatto sta decretando l’abbandono della chimica di base in Italia, e la riduzione delle attività in Isab Goi e Sasol evidenziano il rischio di un nuovo pericoloso riposizionamento, che metterebbe in discussione l’assetto complessivo di tutto il Petrolchimico e conseguentemente di tutto il territorio. Nel polo siracusano i metalmeccanici, che risultano inaccettabilmente esclusi dai processi, dalle decisioni e dalle scelte, sono una parte significativa di un sistema industriale che non può prescindere dal loro lavoro, dalla loro competenza e dalla loro conoscenza, ma nonostante tutto ciò è su di loro che si scaricano da anni le contraddizioni generate da una lenta ma progressiva ristrutturazione industriale e sociale. Da settimane i lavoratori sono mobilitati con il blocco degli straordinari, scioperi e manifestazioni, ma questa lotta viene declinata in una un’isola dove la politica (intesa come gestione del territorio) ha perso ogni indirizzo di responsabilità sociale e le imprese possono fare quello che vogliono, resistendo alle sollecitazioni delle forze sociali e alle spinte del territorio. I metalmeccanici scioperano perché vogliono politiche industriali, investimenti, un crono-programma per pianificare e realizzare obiettivi chiari e raggiungibili in tempi certi, ma per far questo c’è la necessità di conquistare un tavolo nazionale vero, occorre la volontà politica del Governo di riconnettere impresa, lavoro e ambiente, territorio per territorio innalzando la qualità tecnica del confronto in un’articolazione generale dove rappresentare il lavoro, gli interessi ambientali e gli interessi industriali è decidere il futuro del petrolchimico. I metalmeccanici sono convinti che il destino dell’industria siciliana sarà determinato dalla lotta che saranno in grado di mettere in campo, tocca ai lavoratori costruire una proposta alternativa che ridia valore e dignità al lavoro e ai lavoratori, tocca ai lavoratori rendere esplicito il proprio punto di vista.  I metalmeccanici lottano per garantire un futuro all’industria ed imporre il cambiamento, scioperano perché hanno già pagato ed è arrivato il momento di riscuotere.” Così Antonio Recano Fiom Cgil Siracusa 

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