Esperienze di vita

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[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”Convivio, rubrica a cura di Mario Blancato”][vc_column_text]

Come Ulisse, guidato dalla curiositas, irrefrenabile sete di conoscenza, si spinse per anni verso luoghi sconosciuti, avido di nuove esperienze, così l’uomo è sempre stato attratto dall’ignoto, dalla novità, dalla scoperta.

 

Già durante gli studi classici ai tempi del liceo, immersa tra epica e mitologia greca e latina, tra impavidi condottieri, valorosi guerrieri e rivalità tra divinità, la curiosità di conoscere nuove culture è per me diventata nel tempo sempre più preponderante.

Quando ci si approccia ad una nuova cultura, la lingua costituisce una parte essenziale del processo di apprendimento della stessa. È proprio dal linguaggio che vengono fuori sfumature e caratteristiche tipiche che permettono di cogliere delle piccole curiosità su di essa.

Mi resi conto di questo proprio quando iniziai i miei studi universitari in traduzione e interpretariato a Roma. La scelta delle lingue da inserire nel percorso di studi era varia. Decisi di intraprendere, affiancato ad uno studio più approfondito e avanzato della lingua inglese, il tedesco e il russo.

Notai così come i suoni, la struttura del periodo, i modi di dire facessero affiorare i diversi contesti da cui essi traggono origine.

 

Finiti gli studi universitari, decisi finalmente di iniziare a vivere la mia esperienza all’estero. Per consolidare la lingua inglese, non potevo che decidere di trasferirmi a Londra. Lì mi sono subito trovata accolta.

Londra è una città cosmopolita dove numerose culture differenti coesistono ogni giorno. Quello che più mi impressionò di questa città fu proprio l’armoniosità con cui queste culture convivono.

Anche su un piano linguistico, gli inglesi si sono sempre dimostrati disponibili nei confronti dello straniero che si sforza di pronunciare dei suoni non sempre presenti nella propria lingua madre e spesso difficili da riprodurre. La loro politeness, l’essere cortese in ogni momento e in ogni situazione, rende l’inclusione sociale ancora più vera e sentita. Anche in campo lavorativo e nel mondo universitario, il modello di inclusione viene perpetrato in modo tale da rendere fluida la coesione e il senso di appartenenza ad una nuova società. Inoltre, un’altra particolarità che mi colpì molto fu l’importanza che per loro ricopre il concetto di gratificazione. Invece di sottolineare principalmente gli errori commessi e i risultati negativi, si focalizzano innanzitutto sui punti di forza e i successi, facendo

ovviamente presente le sfaccettature negative e ciò in cui si deve migliorare, ma spronando sempre la persona con atteggiamento positivo e proattivo.

 

Non avendo ancora appagato del tutto la mia sete di curiosità, dopo un anno e mezzo, durante i mesi estivi di pausa dal master londinese, decisi di scoprire e conoscere una nuova terra lontana a cui tra l’altro sono legate le mie stesse radici: il Canada. Nello specifico, decisi di trasferirmi a Toronto.

Toronto – Canada

Il Canada è un paese che, specialmente nel periodo postbellico, ha visto riversarsi sulla costa est del paese un gran numero di migranti che, pigiati e ammassati su transatlantici dell’epoca, si imbarcavano in questo lungo viaggio per cercare quella fortuna che, nel vecchio continente, non avevano trovato. Questa forte migrazione ha reso la società candese una composita commistione di culture diverse. I diversi gruppi etnici presenti all’interno del paese si sono poi raccolti nelle rispettive comunità, preservando il loro modo di vivere e le proprie abitudini.

Lavorando lì per il quotidiano italiano, ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con la comunità italiana di Toronto e ho riscontrato un esempio eclatante del vivere completamente immersi in questa realtà: molte persone non sapevano neanche parlare l’inglese nonostante si fossero trasferiti in Canada molti anni prima. Questi parlavano un italiano spesso obsoleto o addirittura in dialetto stretto.

Questa caratteristica complica decisamente il processo di integrazione nella società.

 

Dopo questa breve parentesi canadese e dopo aver poi terminato il master una volta tornata in Inghilterra, il cuore mi ha portata a trasferirmi niente poco di meno che nella città dell’amore per antonomasia: Parigi.

Parigi e la Tour Eiffel

Di solito, qualunque paese abbia visitato o nel quale abbia vissuto, l’inglese è sempre stato il passe-partout linguistico che mi ha permesso di comunicare in ogni circostanza. In quella circostanza, per la prima volta, non mi è stato di nessun aiuto. I primi tempi della mia nuova vita in Francia ho sperimentato una sensazione d’impotenza nell’esprimermi mai provata fino ad allora. Anche le più semplici azioni o commissioni costituivano una difficoltà non indifferente. Non solo esprimersi diventava complicato, ma lo era anche il cercare di decifrare le parole che nel mio cervello erano solo suoni che non riuscivo a codificare. Mi ci è voluto parecchio tempo prima che i suoni divenissero per le mie orecchie finalmente parole e frasi di senso compiuto e che quelli a mia volta pronunciati fossero a loro volta comprensibili per i miei interlocutori.

Tuttavia, la cultura e il modo di vivere così simile a quello italiano mi hanno sicuramente aiutata ad integrarmi più facilmente, specialmente una volta trasferita al sud.

 

Anche Ulisse, dopo tanto errare alla ricerca di luoghi da scoprire e nuove esperienze da vivere, ad un certo punto sentì la mancanza della sua amata Itaca. Allo stesso modo, dopo anni passati a girovagare per il mondo, ci si ferma a riflettere e ci si accorge di come, nonostante i lati positivi e negativi intrinsechi a tutte le cose, in fondo non esista posto migliore della propria Itaca.

 

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