Aggiornato al 05/06/2025 - 12:20
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Saggio storico

“La strage di Modica”, l’eccidio dimenticato dalla storia riscattato in un libro

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“La strage di Modica” edito da “Sicilia.L” di Giovanni Criscione, riporta alla luce una tragica pagina di Storia – la barbara uccisione di nove manifestanti socialisti il 29 maggio del 1921 – che certe logiche perverse avevano condannato all’oblio

Il saggio storico, la cui stesura è stata preceduta da una difficoltosa ricerca delle esigue fonti, visto l’insabbiamento perpetrato, è stato presentato da Roberto Bruno presso la libreria “Neapolis” di Annalisa Sansalone. Siamo negli anni immediatamente precedenti la nascita del Partito Nazionale Fascista – di cui i fasci italiani di combattimento fondati da Mussolini nel 1919 ne costituirono i prodromi – ed un corteo di circa 1.500 manifestanti socialisti (tra anarchici, ferrovieri, braccianti agricoli), dopo lo svolgimento di un comizio tenutosi in contrada “Passo Gatta”, rientra a Modica. I protestanti, però, si trovano la strada sbarrata da un nucleo organizzato di 25 carabinieri, con Luigi Muccio al comando, e cinquanta fascisti armati di tutto punto.

Secondo la versione ufficiale il colpo di pistola che squarcia l’aria verrebbe scambiato per un tentato attacco nei confronti del commissario di polizia che, girandosi, si sarebbe trovato accanto un socialista. La cruda verità, però, è ben altra: il colpo, per mano dei fascisti, consapevoli, tra l’altro, di ingenerare un equivoco, serviva a dare il via all’aggressione nei confronti dei socialisti che morirono in nove, mentre un centinaio riportò ferite di diversa entità. Giovanni Criscione, la cui indagine ha preso l’abbrivio dalla sospetta sentenza della Corte di Cassazione pronunciatasi per l’assoluzione di tutti i fascisti e dalle opinabili convinzioni del giudice, ha riesumato, tra l’altro, delle scomode testimonianze, secondo cui alcuni carabinieri avrebbero dichiarato al magistrato di non aver ricevuto l’ordine di fuoco, altri che l’avrebbero ricevuto dal maresciallo, mentre lo stesso ha negato il suo precedente accordo con il capobanda fascista.

Anche se successivamente alla stesura del libro, l’autore ha recuperato, infatti, un fascicolo dell’istruttoria in cui un testimone, un certo Pietro Aparo, contadino, quella domenica si trovava nei paraggi e aveva sentito i fascisti dire al commissario “Oggi dobbiamo bere il sangue dei campagnoli”. In quegli anni, infatti, a causa della crisi economica, dovuta tra l’altro alla mancanza di terre da coltivare da parte dei contadini reduci di guerra, gli stessi avevano occupato i feudi disseminati, tra gli altri, nei territori di Modica, Chiaramonte e nell’altopiano di Ragusa. Giovanni Criscione, oltre al tessuto economico, ricostruisce anche l’humus politico di quegli anni, in cui il Partito Socialista alle comunali del 1920 conquista nel circondario di Modica ben 8 comuni su un totale di 13, mentre a livello nazionale alle politiche del 15 maggio 1921, due settimane, dunque, prima della strage, i fascisti fanno man bassa di voti, per via delle violenze perpetrate e dei brogli elettorali. Modica, però, non si fa travolgere da quest’ondata fascista, visto che le camicie nere non riescono neppure a presentarvi le liste. Giovanni Criscione, dunque, restituisce identità e dignità a chi, per sconfiggere la fame, fu vinto dalla morte: Rosario Liuzzo, Raffaele Ferlisi, Agostino Civello, Vincenzo Garulli, Carmelo Geloso, Carmelo Pollara, Luigi Azzarelli, Francesco Caccamo, Carmelo Vacirca.

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