Aggiornato al 16/10/2024 - 11:02
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Dati preoccupanti

Nascite in calo, un bonus non basta: serve un approccio globale

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Culle sempre più vuote nel nostro Paese. Secondo i dati dell’Istat del 2023, i nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022), la diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%)

Un calo che tenderebbe a confermasi anche per l’anno 2024.

Il 2023 mette in evidenza l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Nella classifica stilata dall’Istat la Sicilia con 8,1 di nascite si posiziona al terzo posto, preceduta solo dal Trentino e dall’Alto Adige. Mentre nelle ultime posizioni si collocano Liguria e Sardegna. Aumenta il numero dei grandi anziani ovvero di ultraottantenni che con 4 milioni 554mila individui, quasi 50mila in più rispetto a 12 mesi prima, supera il numero dei bambini sotto i 10 anni di età pari a 4 milioni 441mila individui. Questa dinamica di progressivo declino demografico pone un’ipoteca sul futuro del paese.

Con il mancato ricambio generazionale, sono destinati a diventare insostenibili il sistema sociale, quello previdenziale e sanitario, con ripercussioni soprattutto sulla parte più debole della società.
Cresce così lo squilibrio demografico e nonostante ogni anno aumentano gli aiuti alle famiglie la natalità continua a calare.

Perché non si fanno più figli?

Spesso a frenare i giovani è l’ambiente culturale ma incidono anche le condizioni di lavoro. Tra le ragioni che spingono le giovani coppie a non fare figli é la paura di mettere al mondo figli in un mondo senza futuro.
Per non parlare delle difficoltà della donna di conciliare famiglia e carriera in un mondo che le chiede di “lavorare come se non avesse figli e di crescerli come se non avesse un lavoro”.
Instabilità economica, precarietà, carriera altalenate, portano sempre più coppie a decidere di posticipare per poi a volte rinunciare alla possibilità di mettere al mondo figli.

Il calo demografico determina, inevitabilmente grandi ripercussioni anche a livello economico, come analizzato da Bankitalia, secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno.
Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del Pil del 13%, del 9% in termini pro capite. Nonostante la crescita dell’ultimo decennio, la partecipazione al mercato del lavoro, pari al 66,7%, rimane di 8 punti percentuali inferiore alla media dell’area dell’euro.

Numeri questi che pongono l’Italia di fronte a una sfida generazionale senza precedenti.

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