Aggiornato al 17/09/2025 - 10:00
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Spesa sanitaria

UGL Siracusa: “Sanità pubblica allo stremo, servono più investimenti”

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Secondo il sindacato, 5,8 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure e la Sicilia non è esclusa dalla crisi

L’UGL Siracusa lancia un appello sulla condizione della sanità pubblica in Italia, evidenziando come il sistema sia “allo stremo” e sottolineando che, secondo i dati del 2024, 5,8 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure.

“Un cittadino su dieci ha rinunciato a curarsi per motivi economici. Una cifra drammatica che denuncia una realtà inaccettabile: nel territorio nazionale, e specialmente nel Sud, curarsi sta tornando a essere un privilegio per pochi”, si legge nel comunicato firmato da Antonio Galioto per UGL Siracusa.

Il sindacato evidenzia come l’Italia sia ultima nel G7 per spesa sanitaria pubblica pro capite e solo 14ª su 27 Paesi europei. La spesa nazionale per la sanità si ferma al 6,3% del PIL, inferiore alla media OCSE (7,1%) e a quella europea (6,9%). “Il divario con gli altri Paesi europei ammonta a circa 43 miliardi di euro. A pagare il prezzo di questa situazione sono i cittadini e gli operatori sanitari, ormai allo stremo”, sottolinea UGL.

Il quadro descritto parla di liste d’attesa sempre più lunghe, personale insufficiente, stipendi fermi e carichi di lavoro crescenti. “Siamo di fronte a una crisi strutturale, non più a una semplice emergenza. Il diritto alla salute è ormai una chimera”, prosegue il comunicato.

Da Siracusa, il sindacato chiede un cambio di passo: “Servono ancora più investimenti, immediati e organici, nella sanità pubblica. È necessario assumere personale, aumentare gli stipendi, ridare dignità alle professioni sanitarie e garantire ai cittadini cure tempestive e gratuite”.

L’UGL individua un’opportunità concreta nella prossima Legge di Bilancio, che potrebbe prevedere nuovi investimenti non solo da parte del Governo nazionale, ma anche della Regione Siciliana. “Ci aspettiamo misure reali e concrete. La salute non può più aspettare”, conclude la nota, ribadendo inoltre che “le liste d’attesa durano mesi e mesi, spesso per una visita o una prestazione diagnostica”.

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