Un viaggio nei riti secolari che trasformano un borgo di 2 mila anime in un palcoscenico sacro di emozioni condivise
Una corsa lungo la via sacra che percorre tutte le chiese: dalla prima, quella del Carmine, sino all’ultima, il monastero della Madonna delle Lacrime. Nel cuore della notte, in un’atmosfera unica, tra centinaia di “sciaccare” infuocate e le voci che rompono il silenzio, e un’attesa che vibra nell’aria come un’antica preghiera. Da più di un secolo e mezzo Ferla, il più incantevole dei borghi incastonati tra i Monti Iblei, custodisce una Settimana Santa che non è solo una celebrazione liturgica, ma è un rito comunitario.

Tra devozione e folklore, infatti, la Pasqua di Ferla, con la sua “sciaccariata” (cioè la fiaccolata, fatta con arbusti secchi per illuminare il passaggio del Cristo Risorto in un’epoca in cui non esisteva ancora la corrente elettrica) è una delle celebrazioni Pasquali caratteristiche dell’intera Sicilia. Il rito della Settimana Santa che si celebra nell’incantevole borgo siracusano è antichissimo e affonda le proprie radici nel 1861. «La settimana santa e le tradizioni che coinvolgono l’intera comunità di Ferla – ha raccontato il sindaco, Michelangelo Giansiracusa – sono proprio un rito collettivo, di comunità che affonda le radici in un lontano passato, quando furono queste tradizioni furono pensate e concepite dai nostri avi». Negli ultimi anno, la festa non è stato soltanto concepita e relegata alle attività della curia ma l’organizzazione è stata estesa ad un comitato dei festeggiamenti e al Comune «diventando – ha proseguito Giansiracusa – oggi più del passato, veramente un rito collettivo. Pasqua per noi significa casa, significa comunità, significa identità significa momento di condivisione».
L’intenso programma di festeggiamenti inizia giovedì notte con la processione dell’ Ecce Homo, mentre venerdì pomeriggio la processione del Cristo crocifisso seguito dall’addolorata. La sera nella splendida Chiesa barocca di Sant’Antonio “A scisa a cruci”, la scenografica discesa dalla croce del simulacro del Cristo morto, e a seguire la processione del “Signuri a Cascia” seguito dall’addolorata. Il Sabato Santo rappresenta per Ferla , la giornata più sentita della settimana Santa. Dopo la messa solenne di Risurrezione, alle 22:30 la processione del simulacro da “Beddamatri di scontru” ammantata di nero, alla ricerca del Figlio, nelle vie del borgo. Una processione dinamica, avvolgente ed emozionante, in cui la Madonna, portata a spalla dai ferlesi, corre per le strade del borgo e in alcuni tratti in salita.

Al passaggio da piazza Sant’ Antonio, il canto di preghiera alla Madre e alle 24 il momento più alto: a “Sciaccariata”, la salita del Cristo Risorto dalla prima chiesa, quella del Carmine, al monastero Madonna delle Lacrime. Una corsa coinvolgente lungo la via sacra, in cui centinaia di devoti, in una vera e propria catena umana, portano il simulacro del Cristo Risorto lungo tutto il tratto che collega le due chiese. Al rientro la “Notte Rossa” e ” a nuttata ca utata da campana”. Non mancano in piazza Crispi un allestimento di stand enogastronomici per la degustazione di prodotti tipici locali e uno spettacolo di trampolieri e maestri del fuoco. E poi gli occhi puntati sul campanile della chiesa di San Sebastiano per “utata da campana”, un’esperienza che richiama all’antica tradizione di suonare a mano il grande campanone per tutta la notte. La domenica di Pasqua, giornata conclusiva, la processione della Madonna (Beddamatri do scontru) ancora ammantata di nero e alla ricerca del Figlio, nel caratteristico “giro de setti vaneddi”. Alle ore 12 in Via Vittorio Emanuele “U Scontru” , tra la Madonna e il Figlio risorto.

«Un susseguirsi di otto processioni – ha proseguito il primo cittadino di Ferla – uniche nel contesto siciliano: si snodano in quattro giornate con delle statue meravigliose, con un fermento e un fervore unici e tutte le persone che visitano Ferla in quei giorni. Il sabato sera accade qualcosa di magico perché dal momento della veglia pasquale: la “Sciaccariata”, unica nel suo genere, una fiaccolata pittoresca che coinvolge centinaia e centinaia di portatori e migliaia di persone».
A parlare di identità religiosa ferlese è il parroco de borgo, padre Roberto Garro. «Ogni ferlese – racconta don Garro – è come se portasse nel proprio Dna quest’amore verso la Madonna Santissima Immacolata, che è la Madonna dell’incontro, e poi del Cristo risorto, il Figlio. Dal punto di vista anche folkloristico è bella poi la fiaccolata, così come l’incontro, perché diventano motivo di richiamo non soltanto per i nostri concittadini, ma anche per i turisti». E se prima a Ferla si riversavano a piedi gli abitanti delle comunità limitrofe e poi, con le autovetture, da tutta la Sicilia, adesso è diventata meta e propria meta turistica durante la Settimana Santa. Non sono solo i turisti, bensì anche i ferlesi emigrati, o i loro figli, dall’altra parte del globo a ritornare nel proprio paese natale durante il “rito” più importante per questa comunità. Alla ricerca delle proprie radici, di un senso ancestrale di comunità, oppure, alla ricerca di trasporto e di forti vibrazioni.
«Il rito della Settimana Santa – è l’appello del sindaco – non si può spiegare ma si può solo vivere. Con questo auspicio vi diamo appuntamento da giovedì a Ferla in questo tripudio di partecipazione».