[vc_row][vc_column][vc_video link=”https://youtu.be/PVbCW65FbR8″][vc_column_text]E siccome stasera comincia Sanremo e anche questa improponibile rubrica di canzoni parlerà delle novità (cioè dovrebbe, vediamo se ci riesco) oggi mi sparo un amarcord d’annata. Nell’estate 1972 avevo 15 anni, appena finito il quinto ginnasio al Gargallo (quello vero, di Ortigia) e nelle discoteche e nelle “feste in casa” si ballavano i lenti.
Quell’estate un nuovo cantante “s’affaccio al successo” (scriverebbe così un giornalista musicale con la penna alla pippobaudo) con una song che a me piaceva e che ballavamo stretti stretti (se la giovinetta de quo ce lo consentiva) nelle serate a Fontane Bianche. Il giovane cantante era il nerboruto Adriano Pappalardo, che dopo diventò celebre con la sua “Ricominciamo” e la canzone era “E’ ancora giorno” che non era una song da niente visto che era firmata da Mogol e Battisti. Per capirci, esattamente in quel periodo uscirono in rapida successione nell’arco di meno di un anno “La Canzone del Sole”, “I giardini di Marzo” e “Il mio canto libero” e in aprile del ’72 Battisti e Mina diedero vita a “Teatro 10” a quella che è considerata – a ragione – la più grande performance televisiva della canzone italiana.
Insomma il giovane Adriano aveva ricevuto un dono prezioso dai geni della musica nazionale. E infatti la canzone è efficace, lui è ruvido e poderoso. Chi c’era quell’estate non può dimenticare il rabbioso:
“io ti direi torna da lui
ma la vendetta in me
s’è risolta nel vedere te…” [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]