La conferenza “La Siracusa di Christiane Reimann”, tenuta da Francesco D’Alpa, presso villa Reimann, ha portato alla luce particolari inediti della vita della nobildonna danese che, oltre a tenere conto dell’intercorsa seconda guerra mondiale, ne tracciano la complessa indole onesta e generosa, ma meticolosa fino all’ossessione
Francesco D’Alpa, che si è avvalso di scritture, testimonianze, e attestati, ha concentrato la sua indagine sulla vita di Christiane Reimann – considerata tra le venticinque infermiere più importanti al mondo – a partire dal 1934, da quando cioè la stessa volle ritirarsi a vita privata, dedicandosi poi all’agricoltura e all’allevamento nella villa in questione. La scelta di andare a vivere a Siracusa molto probabilmente fu dettata dalla mitezza del clima, favorevole alla salute di Alter, il suo compagno di origine tedesca, con cui la Reimann intrattenne una breve e burrascosa relazione a causa della scorrettezza dell’uomo che, addirittura, ad insaputa della Reimann, e a scopo di lucro, vendette la villa immediatamente dopo l’acquisto. La struttura – che la Reimann riuscì a ricomprare e per la cui edificazione del piano superiore si affidò all’ingegnere, Giuseppe Bonaiuto – in passato assolveva la funzione di residenza estiva, circondata da un ampio mandorleto.
Christiane Reimann – le cui azioni erano precedute da un’accurata pianificazione – nel corso del tempo in questo giardino e in altri intanto acquisiti piantò 700 aranci, 350 limoni, e 50 mandarini, oltre a vari alberi da frutta e innumerevoli piante ornamentali e da fiori. Naturalmente, la vendita della frutta non fu immediata, tant’è che nell’attesa che gli alberi raggiungessero la giusta maturazione e fino al dopo guerra, il totale delle spese superò di gran lunga quello delle entrate. Christiane Reimann organizzò la vita in villa in modo militaresco, potendo contare su parecchi lavoranti e personale di casa, tra cui Maria, la cuoca, e Congetta, come erroneamente la chiamava lei, colei che si occupava dell’allevamento di galline. E a proposito di uova, Christiane Reimann, oltre a trascriverne i quantitativi raccolti giorno per giorno, era solita annotarne il colore e la grandezza. Inoltre, la donna, che fu anche segretaria della International Council of Nurses, inizialmente possedeva tra cani, uno, Moritz da compagnia – l’unico ammesso ad entrare in cucina – più due da guardia.
Ogni settimana, sempre il sabato e a volte il mercoledì, raggiungeva la città in carrozza, sorbiva un caffè al bar della Posta e acquistava torte e dolciumi di marca perugina, da regalare forse ai suoi dipendenti. Francesco D’Alpa ha notato come negli anni ’50, nel periodo post bellico, non soltanto sostituì l’acquisto del pane con quello dei crostini, ma la voce “perugina” fu soppiantata da “caramelle”. Durante la conferenza, la figlia di un lavorante – un certo Francesco Diamante impiegato come agricoltore – ha svelato alcune chicche tra cui la richiesta avanzatagli dalla nobildonna della cucitura a mano di un materasso per il cane.