Aggiornato al 17/04/2025 - 11:49
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Convegno

I riti della “Pasqua Iblea” sopravvivono nell’entroterra

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La conferenza “I riti della Pasqua Iblea”, tenuta dall’esperto etnoantropologo, nonché guida naturalistica, Paolo Uccello, ha messo in evidenza come quelle usanze, che sempre hanno aggiunto valore al sacro, stiano perdendo consistenza nei centri costieri, a differenza dell’entroterra, dove sinora ne è garantita la sopravvivenza

Prima che la conferenza entrasse nel vivo, Marcello Loiacono, presidente dell’associazione Christiane Reimann, il quale, assieme al Consorzio universitario Archimede e con il patrocinio del Comune ha organizzato la stessa, ha sottolineato che il contributo dato dai presenti sarà devoluto per un nobile scopo. In sala, infatti, erano presenti i genitori di Noemi Rotondo Cocco, la bambina di 5 anni che nel Missouri dovrà essere sottoposta a un delicato intervento di rizotomia dorsale selettiva.

Paolino Uccello ha così sviscerato la figura di S. Giuseppe, ribattezzato avvocato delle cause difficili, la cui festa prelude la santa Pasqua. Per la cena, quando si suole chiedere una grazia alla Sacra Famiglia, a tavola non possono mancare: tre pani a forma di cuddura (a ciambella); ‘u laureddu (ossia quei germogli nati dai legumi distribuiti sul cotone, innaffiati moderatamente e riposti al buio per circa una decina di giorni); nonché il bastone di San Giuseppe, il cui legno impiegato per la sua realizzazione deve essere ricavato dal nocciolo. Una leggenda vuole, infatti, che tra i pretendenti di Maria, la scelta cadde su Giuseppe, poiché il suo bastone, fatto appunto di nocciolo, fiorì.

La Pasqua cristiana, che prende spunto da quella ebraica, viene simboleggiata dalla palma, che “promette” il paradiso e che, assieme al carrubo e al gelso, troneggia nelle masserie nobiliari. Mentre il carrubo è considerato “‘u patri ranni” (il grande padre), poiché con le sue chiome offre riparo ai lavoratori che vogliano riposare le proprie membra, ed il gelso bianco simboleggia la ricchezza, in quanto dal baco si produce la seta, la palma era di buon auspicio per i nobili, affinché la famiglia potesse perpetuarsi.

Paolo Uccello, poi, nel denunciare come questi usi e costumi si stiano disperdendo nel frastuono delle città a differenza dei centri interni, dove gli stessi fanno parte di un prezioso patrimonio culturale, ha, infine, spiegato ai presenti che la colomba pasquale – dolce imprescindibile della festività dedicata alla resurrezione di Cristo – deve la sua diffusione ad un’antichissima leggenda. Si narra, infatti, che Noè, non appena ebbe fine il diluvio universale, fece uscire un corvo che, però, non fece più ritorno; lanciò, dunque, una colomba che tornò col ramoscello di ulivo, emblema della pace raggiunta tra uomo e Dio.

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