La celebre canzone sul ‘bambino nato da una ragazza madre e un soldato alleato’ fu inizialmente censurata a Sanremo
Oggi, 4 marzo, si celebra la nascita di una delle figure più amate della musica italiana: il cantautore Lucio Dalla.
Nato il 4 marzo 1943 a Bologna, avrebbe compiuto 81 anni. Dalla ha lasciato un’impronta indelebile nella musica italiana con brani indimenticabili come Caruso, Attenti al lupo, L’anno che verrà e Piazza Grande. Il suo talento e la sua genialità hanno rivoluzionato la canzone italiana, portando innovazione e poesia nei suoi testi.
Uno dei suoi brani più celebri, 4 marzo 1943, presentato al Festival di Sanremo del 1971, fu inizialmente censurato nel titolo e nel testo. La canzone racconta la storia di una ragazza madre e del figlio nato da un soldato alleato, un tema delicato che si intreccia con la biografia del cantautore, orfano di padre dall’età di sette anni.
Il Significato del brano
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, 4 marzo 1943 non è una canzone autobiografica, ma un racconto intenso e toccante. Paola Pallottino aveva inizialmente concepito il brano come un tributo all’assenza del padre, poiché Dalla era rimasto orfano a soli sette anni. Tuttavia, il testo si trasformò in una storia sull’assenza della madre e sulla condizione di una ragazza madre che aveva avuto un figlio con un soldato alleato.
Il testo originale presentava una frase considerata troppo esplicita per l’epoca: “E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino”. La censura impose una modifica, trasformandola in “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”.
Il brano ebbe un enorme successo non solo in Italia, ma anche all’estero, specialmente nei paesi di lingua spagnola. Fu interpretato da artisti di fama internazionale, tra cui Maria Betania e Chico Buarque de Hollanda. Anche Dalida incise una sua versione della canzone, contribuendo alla sua diffusione nel panorama musicale internazionale.
Un’altra versione di grande rilievo è quella di Francesco De Gregori, che ha reinterpretato la canzone nell’album live Sotto il vulcano, mantenendo il testo censurato presentato a Sanremo.
Ancora oggi, il 4 marzo è una data simbolica, non solo perché segna la nascita di Lucio Dalla, ma anche perché il titolo della canzone è rimasto legato alla sua figura. 4 marzo 1943 rappresenta uno dei brani più significativi della musica italiana, una testimonianza della genialità di Dalla e della sua capacità di trasformare storie semplici in poesie senza tempo.
La canzone continua a emozionare generazioni di ascoltatori, dimostrando che la musica di Lucio Dalla non ha confini né scadenze. Il suo talento e la sua sensibilità rimangono un faro nella storia della canzone d’autore italiana.
Il testo
Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare
parlava un’altra lingua, però sapeva amare
e quel giorno lui prese a mia madre, sopra un bel prato
l’ora più dolce, prima d’essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto
con l’unico vestito, ogni giorno più corto
e benchè non sapesse il nome e neppure il paese
mi aspettò come un dono d’amore, fino dal primo mese.
Compiva sedici anni, quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna, le cantò a ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare
giocava a far la donna, col bambino da fasciare.
E forse fu per gioco, e forse per amore
che mi volle chiamare, come Nostro Signore
della sua breve vita il ricordo, il ricordo più grosso
è tutto in questo nome, che io mi porto addosso
e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino
per la gente del porto io sono, Gesù Bambino
e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino
per la gente del porto io sono, Gesù Bambino.