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Un culto millenario

Santo Stefano protomartire, la storia del diacono che commosse Dante

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Dalla lapidazione a Gerusalemme al culto millenario: la storia del diacono che commosse Dante. “Signore, non imputare loro questo peccato”. Presente alla sua morte il giovane Saulo, futuro San Paolo

Roma, 26 dicembre 2025 – Nella Divina Commedia, Dante Alighieri racconta di aver assistito a una scena di straordinaria potenza spirituale: la lapidazione di un giovane che, nel momento estremo della morte, invoca il perdono per i suoi persecutori. Il poeta fiorentino rimane profondamente colpito dalla mansuetudine di Stefano, una mitezza che emerge in tutta la sua forza nel racconto degli Atti degli Apostoli, dove la sua vicenda è narrata con intensità drammatica. “Signore, non imputare loro questo peccato“, grida forte Stefano, piegando le ginocchia pochi attimi prima di spirare.

Il giovane pieno di Spirito Santo

Stefano fu uno dei primi a seguire gli Apostoli dopo la Resurrezione di Cristo. Si è ipotizzato fosse greco o ebreo educato nella cultura ellenistica, ma ciò che è certo è che godeva di grande stima nella comunità cristiana di Gerusalemme. Il suo nome compare negli Atti degli Apostoli come primo fra i sette diaconi eletti per aiutare gli Apostoli nella loro missione.

Definito “uomo pieno di fede e di Spirito Santo“, Stefano faceva prodigi e miracoli tra il popolo. Tuttavia, la sua predicazione suscitò l’opposizione di alcuni membri della sinagoga che sobillarono la folla, gli anziani e gli scribi, accusandolo falsamente di aver pronunciato espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio.

Era il periodo immediatamente successivo alla Pentecoste. Stefano venne trascinato davanti al Sinedrio, dove falsi testimoni lo accusarono di aver affermato che Gesù il Nazareno avrebbe distrutto il Tempio e sovvertito i costumi tramandati da Mosè.

Di fronte ai suoi accusatori, Stefano pronunciò il discorso più lungo degli Atti degli Apostoli, un’orazione potente in cui ripercorse l’intera storia della salvezza. Ricordò come Dio avesse preparato la venuta del Giusto, ma il popolo aveva opposto resistenza allo Spirito Santo, proprio come i loro padri avevano perseguitato i profeti.

Le sue parole conclusive sigillarono il suo destino: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio“.

Queste parole scatenarono la furia dei presenti, che proruppero in grida altissime. Stefano venne trascinato fuori dalla città dal furore della folla e lapidato. Tra coloro che approvarono la sua uccisione c’era un giovane di nome Saulo, che custodiva i mantelli dei lapidatori. Questo stesso Saulo, da feroce persecutore dei cristiani, sarebbe poi diventato l’Apostolo delle genti, San Paolo.

Mentre le pietre lo colpivano, Stefano, seguendo l’esempio del suo Maestro sulla croce, chiese a Gesù di accogliere il suo spirito e pronunciò le parole che avrebbero commosso generazioni di credenti: pregò per il perdono dei suoi assassini.

Il luogo del martirio di Santo Stefano a Gerusalemme è tradizionalmente collocato poco fuori dalla Porta di Damasco, dove oggi sorge la chiesa di Saint-Étienne. Nel cristianesimo la devozione per il Protomartire si sviluppò immediatamente, e le prime notizie sulle sue reliquie risalgono al 400 d.C.

L’eco della sua vita e del suo martirio ha profondamente permeato l’arte cristiana attraverso i secoli. Viene tradizionalmente raffigurato con i sassi della lapidazione, spesso decorativi, o con la palma del martirio.

Una curiosità che testimonia la diffusione del suo culto: solo in Italia, ben 14 comuni portano il suo nome, a dimostrazione di quanto la figura di questo giovane coraggioso abbia segnato la memoria e la fede del popolo cristiano.

Santo Stefano rappresenta il primo martire della cristianità, colui che per primo versò il sangue testimoniando la propria fede in Cristo risorto. La sua morte, avvenuta probabilmente intorno al 36 d.C., segnò l’inizio delle persecuzioni contro i cristiani e aprì la strada a una lunga schiera di testimoni della fede.

Il suo esempio di mitezza, perdono e fedeltà fino alla morte ha ispirato generazioni di credenti e continua a essere celebrato dalla Chiesa cattolica il 26 dicembre, giorno immediatamente successivo al Natale, quasi a ricordare che la nascita di Cristo porta con sé anche la chiamata alla testimonianza radicale.

La figura di Santo Stefano ha lasciato un’impronta indelebile nella spiritualità cristiana. Il suo perdono verso i carnefici, così simile a quello pronunciato da Gesù sulla croce (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”), rappresenta uno dei vertici della carità cristiana e della capacità di amare i nemici.

La presenza di Saulo, futuro San Paolo, alla lapidazione di Stefano costituisce uno degli episodi più significativi degli Atti degli Apostoli. Alcuni Padri della Chiesa hanno ipotizzato che proprio la testimonianza di Stefano abbia contribuito alla conversione del persecutore Saulo sulla via di Damasco.

Un legame profondo che unisce il primo martire al più grande missionario del cristianesimo, in una continuità che attraversa i secoli e continua a parlare al cuore dei credenti.

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