Il deputato regionale Carlo Auteri sollecita un intervento urgente del Ministero dell’Agricoltura sulle norme che regolano la pesca del tonno, denunciando incertezze normative, burocrazia e rischi per la salute pubblica
“Il Ministro Lollobrigida intervenga sulla questione Tonno Rosso.” A parlare è il deputato regionale Carlo Auteri, che richiama l’attenzione del governo sulla gestione della pesca del Tonno Rosso nel Mediterraneo e sui ritardi nell’attuazione di impegni già annunciati in precedenza.
«Siamo al giro di boa di questo governo – afferma Auteri – più volte il Ministro ed il sottosegretario hanno rilasciato dichiarazioni sul tema, addirittura il Ministro in occasione delle elezioni comunali di Pachino intervenne in un incontro pubblico prendendo impegni precisi di fronte alla marineria di Portopalo, ma a parte il buon utilizzo della comunicazione nulla è cambiato sulle normative che regolamentano le quote della pesca del tonno nel Mediterraneo».
Il parlamentare dell’ARS individua diverse criticità sulle quali il Ministero dovrebbe intervenire con urgenza.
«La prima – dice – è legata all’assurdità che una marineria rappresentata da una classe imprenditoriale sia costretta ogni anno a conoscere le condizioni della pesca del tonno solo a valle di un decreto che ogni anno contiene condizioni diverse. La mancanza di una regolamentazione stabile impedisce investimenti nel settore, potenziamento delle imprese della pesca e quindi garanzia e prospettiva di occupazione. Da questo punto di vista la pesca e il commercio del tonno e dei prodotti di tonnara rappresentano un vero volano per l’occupazione a Portopalo e nelle aree di pesca in Sicilia».
Un altro punto sollevato riguarda le imbarcazioni che accedono alla quota tonno legata alla pesca accidentale.
«Come dichiarato sul quotidiano La Sicilia, in rappresentanza della marineria di Portopalo, dal mio amico armatore Angelo Cannarella, non è pensabile che possano aver diritto alla quota accidentale tutte le imbarcazioni della piccola pesca. È doveroso che si intervenga con una selezione più rigida di questi. Non è sufficiente il solo possesso della licenza di pesca con il palangaro, è necessario che le imbarcazioni per praticare la pesca del tonno debbano essere in possesso di requisiti precisi: stazza, celle frigorifere, attrezzi adeguati, etc. Tutti requisiti che servono, tra l’altro, a garantire non solo la sicurezza dei pescatori in mare aperto ma, soprattutto, un ciclo di trattamento del pescato che impedisca l’arrivo sul mercato di tonni che mettono a rischio la salute dei consumatori. L’idea per porre un primo taglio al numero di imbarcazioni potrebbe essere quella di consentire la quota accidentale ai soli possessori della licenza della pesca del pesce spada e così si passerebbe dalle attuali 2.000 imbarcazioni a circa 700».
Auteri pone l’accento anche sulla pesca sportiva, sottolineando l’urgenza di una regolamentazione più chiara ed efficace.
«Evitando di fare proclami che poi non si traducono in norme – sottolinea il deputato all’Ars – attualmente i pescatori sportivi, pur avendo a disposizione una quota minima per tutta l’Italia, possono comunque pescare un esemplare al giorno in tutto il periodo che il decreto dà loro il diritto alla pesca del tonno. Considerato che i pescatori sportivi debbono ottenere il permesso di pesca del tonno dalle capitanerie, sarebbe il caso che il sistema cambiasse, dando ad ognuno di loro un limite massimo di esemplari da poter catturare nel corso dell’intero anno, ad esempio 10 a permesso, consentendo quindi loro, come giusto che sia, di praticare la pesca quando desiderano e non nei circa 40 giorni concessi attualmente per decreto».
Il deputato regionale denuncia anche le gravi conseguenze della pesca di frodo, alimentata – a suo dire – proprio da regole inefficaci e mal calibrate.
«Se non si interviene su questi temi, la pesca professionale non potrà programmare uno sviluppo delle imprese della marineria di Portopalo e di quelle di tutta Italia. Cosa più grave, si alimenterà la pesca di frodo, perché i pescatori debbono pensare alle loro famiglie, le quali non possono sopravvivere con le sole 48 ore di pesca concesse con il decreto di quest’anno. Bisogna dire le cose come stanno: nonostante rischino una sanzione di 4.000 euro, e tenuto conto che il mare è pieno di tonni, hanno tutta la possibilità di guadagnare molti più soldi di quanto sia il valore della sanzione stessa. Di conseguenza qualcuno continuerà a pescare oltre i due giorni concessi, praticando la pesca di frodo e immettendo tonno nel mercato nero senza le minime garanzie sulla qualità e sulla bontà del tonno che finisce nei mercati e nei ristoranti. È il caso di ricordare che il tonno avariato mette a serio rischio la salute dei consumatori, come spesso sentiamo dalle notizie relative alle intossicazioni derivanti da tonno non trattato adeguatamente».
Infine, Auteri richiama l’attenzione del Ministero su disparità burocratiche tra diverse aree del Paese.
«La richiesta è che il Ministro dia una migliore organizzazione agli uffici che si occupano della burocrazia. Emergono alcune incongruenze inaccettabili, secondo le quali alcune aree dell’Italia, non si capisce come e perché, ottengono risposte e provvedimenti in tempi molto celeri, come avvenuto per le Organizzazioni dei produttori campane rispetto a quelle siciliane».