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Aggiornato al 01/03/2025 - 10:06
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Confronto e approfondimento

Siracusa, “Franz Kafka”: manca la trama, proliferano le interpretazioni

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L’incontro su “Franz Kafka e gli archetipi moderni”, organizzato dall’associazione “Amici  casa del libro” e svoltasi presso la “Casa del libro Mascali”, è divenuto momento di approfondimento delle opere dello scrittore la cui analisi, non univoca, si presta a svariate interpretazioni

All’inizio dei lavori, Salvatore Fontana, componente del consiglio direttivo della predetta associazione, ha presentato i due illustri relatori: Salvatore Amato, professore ordinario di Filosofia del diritto nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania  e Salvatore Santuccio, insegnante di Filosofia e Storia al liceo “Quintiliano”.

È stato sottolineato, innanzitutto, come Kafka non sia stato un narratore puro – visto che i suoi scritti non hanno una trama – ma un costruttore di parabole,  di aforismi, o addirittura uno scrittore di favole come lo ebbe a definire il filosofo e scrittore tedesco, Gunther Anders. Benché Kafka non sia stato uno scrittore prolifico, la sua produzione è stata sottoposta, comunque, ad una profonda revisione da cui sono scaturite contraddittorie spiegazioni. Inoltre, Max Brod, anche lui  scrittore boemo, nel romanzo  dell’amico Kafka “America”, rimasto incompiuto e pubblicato postumo, ravvisò talune incongruenze come la descrizione della statua della libertà con in mano una spada, anziché una fiaccola, o la collocazione della città di San Francisco sulla costa atlantica, invece che sull’oceano Pacifico, che gli fecero ipotizzare la raffigurazione di un’America quale metafora.

Ciò che colpisce di Kafka – hanno detto i relatori – non è la trama, ma l’atmosfera creata, tant’è vero che è stato coniato il termine Kafkiano, mentre sono inesistenti espressioni come Dickensiano o Shakespeareno. Nell’opera più agghiacciante di Kafka, “La colonia penale” si constata, poi, una sorta di anticipazione della macchina della morte elaborata dal nazismo. Sull’asserzione di Kafka in merito all’attesa quale momento  più bello, si “gioca”, poi, la nostra vita che si sostanzia con un’attesa della fine.  Nonostante in   Kafka, lo scrittore più letto dai filosofi, si possa  notarel’ansia di un Dio che, pur chiamandoci, non ci dà alcuna risposta, lo stesso – secondo Brod –  non è inquadrabile nel nichilismo, perché intravede sempre un oltre.

Ed a proposito de “Il processo”, di cui sono state fornite svariate letture ed in cui il protagonista scopre di essere imputato senza conoscerne il motivo, il regista Orson Welles scorse una cospirazione in cui tutto trama contro ciascuno di noi, in quanto sottoposto a condizionamenti nel corso della nostra esistenza. D’alta parte, la vita di Kafka a Praga – facente parte dell’Impero Austro-ungarico, che era un crogiolo di etnie, fu molto complessa. Egli sviluppò una forma di disagio verso il contesto sociale strutturato che, quando cercava di capire, si destrutturava. Kafka si sentiva alienato in un sistema che abbandonava tutti, ritenendo che l’alienazione fosse il rapporto tra  l’assenza di noi e il contesto sociale. “Scrivere è pregare”.

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