Aggiornato al 10/04/2021 - 08:27

I Santoni di Akrai, santuario orientale unico in Sicilia

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Archeo, rubrica per la valorizzazione del patrimonio del Parco Archeologico e Paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai

[/vc_column_text][vc_column_text]Segnalati fra i luoghi del cuore dal FAI nel 2020, i “Santoni”, così come vengono comunemente indicati i rilievi nella roccia nelle pareti del Colle Orbo, nell’area di Palazzolo Acreide, costituiscono uno dei siti archeologici più interessanti ed intriganti, sin da quando il viaggiatore e pittore francese J. Houel li rese noti al pubblico internazionale. Tre tavole dei disegni realizzati in occasione del viaggio in Sicilia si ritrovano nel suo Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari  edito nel 1787. Si deve comunque al lavoro complessivo di studio e valorizzazione di Akrai, realizzato da L. Bernabò Brea negli anni seguenti al dopoguerra, la prima interpretazione, fino ad ora più accreditata, riguardo alle rappresentazioni incise nella roccia. I disegni di Rosario Carta, il noto collaboratore di Paolo Orsi costituiscono un riferimento imprescindibile per la comprensione, a confronto con quanto disegnato da Houel più di un secolo prima e con quanto rimane oggi visibile.

Le dodici nicchie di diversa dimensione, scavate su due livelli, a cui si aggiunge una tredicesima senza raffigurazione, sono pertinenti a un luogo di culto, un santuario montano relativo alla venerazione della Grande Madre, la dea Cibele. Il culto di origine frigia – i confronti riportati nella letteratura scientifica riconducono a santuari rupestri dell’altopiano anatolico – già praticato in Sicilia e documentato in statuette in terracotta, della fine del VI secolo, si inserisce molto bene nel contesto vivace e denso di rapporti culturali, oltre che economici e politici, del regno ieroniano, di cui Akrai era certo un centro piccolo, rispetto alla grande madrepatria Siracusa, ma significativo.

 

 

Dea misteriosa, terribile Potnia Theron (“signora degli animali”), secondo alcuni studiosi, dea della fecondità della natura, vicina per certi aspetti alle divinità di Demetra, molto venerata in Sicilia, Cibele è raffigurata in vari modi, quasi sempre di prospetto, seduta o in piedi nelle scene più complesse, con il modio, sopra il capo. Spesso ai suoi lati, sono i leoni, che in qualche caso si intravedevano anche sulle ginocchia, nel primo dei rilievi.

 

Ma sono Attis, amante, cocchiere, sacerdote della dea e varie altre divinità minori, parte del suo corteo e del suo ambito cultuale, che destano attenzione e hanno acceso il dibattito nelle interpretazioni fra gli studiosi. Se infatti i Dioscuri, raffigurati a cavallo, in secondo piano, ai lati della scena principale nel secondo rilievo, o Hermes, o la stessa Hecate con fiaccola in mano, sono “personaggi” noti nel pantheon dell’Occidente greco, sin dall’età arcaica, lo sono meno certamente i Coribanti o Cureti, servitori, accompagnatori della dea, spesso raffigurati ai lati della divinità, con oggetti rotondi interpretati come scudo o come strumento musicale, il tympanon.

Proprio la ripetizione di questo strumento ha fatto pensare a rituali di tipo iniziatico o orgiastico in cui questi ed altri strumenti erano usati, durante le feste in onore della dea. Ed è questa un’altra chiave di lettura ed interpretazione del culto della dea frigia introdotto a Roma nel 205-204 a.C.

Il santuario rupestre di Akrai, probabilmente voluto e commissionato da Ierone II, potrebbe aver svolto, di conseguenza, un importante ruolo di mediazione, e non solo religiosa fra il mondo orientale e Roma.

 

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