Aggiornato al 06/11/2020 - 15:24

Apocalissi caraibiche pubbliche e private degli anni ’80

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..che, certo, quando senti Where the wild rose grow (Dove crescono le rose selvatiche), con Nick Cave e la deliziosa Kylie Minogue e leggi che è tratto dall’album “Murder Ballads” (Ballate assassine), non t’aspetti un brano estivo da discoteca…e anche se riascolti “Love will tear us apart” (l’amore ci farà a pezzi) con la voce di Jan Curtis che si stava per suicidare mettendo fine al miracolo dei JoyDivision – costringendo la musica pop al magnifico blue monday artistico dei New Order – sai che non hai pensato un momento che potesse essere un brano per fare il trenino dopo il cenone di capodanno aspettando la mezzanotte… e anche restando in Italia dalle prime note di Io ti racconto o di Compagno Gramsci di Claudio Lolli capisci subito che non sono inni alla gioia, ma pure Lilly di Venditti, lo intuisci dall’attacco che ha una storia triste dentro… eppure ci sono canzoni che per noi sono sinonimo di allegria, festa, balli sotto l’ombrellone, ostinatamente ambientate ai caraibi, che in realtà hanno testi durissimi, quasi incongrui rispetto alla musica frizzante… non lo so, perchè a pensarci l’unica canzone che ricordo che parla diffusamente di un olocausto nucleare è Vamos a la Playa dei Righeirache peraltro fu incisa con testi diversi in italiano e spagnolo che, ritornello a parte, raccontano immagini diverse della tragedia atomica …infatti in spagnolo “la bomba è esplosa e le radiazioni ci tostano e ci colorano di blu”, “il vento radioattivo ci scompiglia i capelli”, “il mare è finalmente limpido, niente pesci puzzolenti solo acqua fluorescente”, mentre nel testo italiano “bagliori nucleari ci abbronzano di più”, “tra statue di robot, legioni di mutanti combattono sui surf”, e“con pizze radioattive ci si alimenterà”, immagini iconiche e immaginifiche frutto di visioni per fortuna non alimentate da radioattività ma certamente da roba molto buona… e ci deve essere stato un motivo segreto perché quell’estate, era il 1983, si ballavano canzoni apocalittiche visto che il primato di tormentone estivo era conteso ai Righeira dal Gruppo Italiano con

la leggendaria Tropicana che mescolava evocazioni nucleari (“una abbronzatura atomica”) a prevalenti disastri naturali – degni del Malcolm Lowry di Sotto il vulcano (chiedo perdono al dio della letteratura per l’accostamento) – con l’acqua che “ribolliva lentamente ad est” mentre “tutto andava giù” e “brucia nella notte la città di San Josè” e c’è la “lava incandescente” e pure l’uragano che “travolgeva i bungalow” e i protagonisti dentro una esplosione nucleare, contemporanea a una eruzione terrificante di un vulcano, contemporanea a un uragano devastante, stavano li e si sentivano come al cinema ascoltando la pubblicità che incurante dell’ecatombe continuava a consigliare “bevila perché è tropicana ye”…e se dalle tragedie collettive passiamo a quelle individuali non possiamo esimerci dal citare un capolavoro della canzone politica e rivoluzionaria, Maracaibo,di Lu Colombo troppo a lungo derubricata a motivetto da jerry calà a causa delle molteplici citazioni cinematografiche effimere, mentre il testo, non a caso scritto da David Riondino, è gravido di sofferenza e impegno raccontando un episodio fantasioso legato alla rivoluzione cubana quando una ballerina di Maracaibo in Venezuela, l’abbronzata Zazà, si esibiva nuda nel locale “Barracuda”, ma erauna copertura perché realtà faceva “traffico d’armi con Cuba” dove il fidanzato, inevitabilmente Fidel (che i discografici vollero trasformare in Miguel), stava sulla cordigliera “da mattina a sera”… circostanza che tuttavia non favoriva la fedeltà della compagna Zazà che si lasciava abbracciare da Pedro sulle casse di nitroglicerina finché arrivò Fidel, “la vide impallidì, il cuore tremò, quattro colpi di pistola le sparò”… e tuttavia Maracaibo non è una murder ballad, così Zazà con quattro colpi di pistola al seguito, sopravvive fugge con una barca e, perché la sfiga non arriva mai da sola, becca il famosissimo “mare forza nove” (e lì si pone il famosissimo interrogativo esistenziale, pilastro del pensiero forte e del pensiero debole, occidentale ma anche orientale nordista e sudista, e che ciascuno di noi s’è posto almeno una volta nella vita: “fuggire si ma dove?”) e naufraga e nel mare agitato, con 4 pallottole in corpo, Zazà trova pure uno squalo, e che può fare uno squalo se non mordere “nella pelle bruna una zanna bianca come la luna”… e vabbè non si capisce bene come faccia la nostra eroina a sopravvivere ma la vita è piena di sorprese e così la ritroviamo tempo dopo ancora a Maracaibo “finito il Barracuda, finito ballar nuda, Zazà, un gran salotto, 23 mulatte danzan come matte,  casa di piaceri per stranieri” e quindi la nostra è diventata una maitresse tormentata e opulenta (“130 chili, splendida regina rum e cocaina Zazà, se sarai corteseti farà vedere nella pelle bruna una zanna bianca come la luna”) e non può sfuggire una sorta di pulsione autodistruttiva nell’abuso di alcool e droga che in qualche modo ci riporta a Lowry e a una sorta di nihilismo caraibico…

Ecco, credo ci aver concentrato il massimo numero possibile di minchiate in meno di cinquemila battute.

Non perdete la prossima, posso fare anche di peggio.

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