Aggiornato al 17/06/2024 - 16:52
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La Corte Costituzionale boccia il decreto IAS del governo, Alosi: “Tanto tuonò che piovve”

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Tanto tuonò che piovve

Così il Segretario Genenerale Cgil Siracusa, Roberto Alosi, che afferma  con una nota: “il decreto del governo Meloni del 5 dicembre 2022, con il quale salomonicamente si pensò di tutelare il mantenimento in esercizio  dell’IAS attraverso il presunto bilanciamento degli aspetti aziendali, produttivi, ambientali e sociali  è stato sonoramente bocciato dalla Corte Costituzionale.

La Sentenza 105/2024, che spariglia le carte e che richiama, fra gli altri, gli artt. 9 e 41 della Costituzione che introducono fra i limiti invalicabili alla libera attività economica “ i danni alla salute e all’ambiente”, cambia la prospettiva e accelera una crisi industriale alla ricerca di una via d’uscita. All’orizzonte il rischio di una divergenza di veduta fra Governo e Magistratura che,  se non ricomposta velocemente e non con provvedimenti spot o annunci roboanti privi di effetti concreti, può paralizzare l’intero assetto industriale.

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Un’esperienza già vissuta con l’Ilva di Taranto e che non vorremmo per nessuna ragione vivere anche noi. Trentasei mesi di tempo, questo l’arco temporale massimo concesso dalla Corte Costituzionale, per adempiere scrupolosamente  a tutte le prescrizioni imposte, pena la chiusura dell’IAS, sotto sequestro dal 13 maggio 2022, e il conseguente spegnimento degli impianti industriali. Uno scenario poco rassicurante che smentisce ancora una volta quanti ritengono e hanno ritenuto che cambi tutto affinché non cambi nulla.

Per la prima volta la Suprema Corte  interviene esplicitamente citando la riforma della Costituzione in chiave ambientale e per la difesa delle future generazioni.   Sotto questo profilo, i giudici costituzionali sottolineano come un provvedimento ( nel nostro caso il decreto del governo Meloni del 5 dicembre scorso) che deroga rispetto alla normativa ordinaria di tutela della salute e dell’ambiente in relazione ad attività produttive anche se di interesse strategico nazionale, è costituzionalmente legittima solo se temporanea cioè per il tempo necessario per completare gli indispensabili interventi di risanamento ambientale.

Come a dire che a tutto c’è un limite. Rimane, dunque, illegittimo consentire sine die la prosecuzione dell’attività attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela dei beni della salute, dell’ambiente e della sicurezza dei lavoratori. Un messaggio molto chiaro che segna un irreversibile cambio di passo culturale che investe in pieno il nostro assetto industriale, rispetto al quale occorre accelerare processi di bonifica, ammodernamento tecnologico, applicazione rigorosa di prescrizioni e progettazione seria e misurabile di azioni volte alla trasformazione industriale in vista di un graduale e progressivo processo di decarbonizzazione.”

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Sulla sentenza, il commento di Sinistra Italiana, federazione di Siracusa: “Puntuale come un orologio svizzero arriva la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima una norma del decreto Salva Isab”. E alla fine, com’era prevedibile, la Corte Costituzionale “sentenzia” quanto era oggettivamente scontato: il depuratore di Priolo Gargallo non potrà più inquinare. La politica, in particolare il governo Meloni e il suo avamposto siciliano Governo Schifani, esce bocciata da questa surreale vicenda e viene richiamata ad assumere nell’immediato un’iniziativa che affronti e risolva definitivamente i troppi nodi politici ed economici rinviati più volte.

Il futuro del depuratore e dell’intero polo industriale di Siracusa torna a preoccupare, e la continuità produttiva e quindi anche occupazionale non può più prescindere dalla salvaguardia della salute dei cittadini e dell’ambiente. La sentenza 105 della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che ha introdotto Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale.

Si tratta delle norme “salva Isab”, adottate all’indomani del sequestro del depuratore consortile Ias di Priolo Gargallo per garantire la continuità produttiva delle raffinerie e degli altri impianti dell’area industriale di Siracusa. Con questa decretazione La Corte ha ristabilito il principio costituzionale che la salute umana e l’ambiente vanno salvaguardati al pari delle attività produttive, anche se quest’ultime sono ritenute strategiche, e che vanno rimosse le cause di inquinamento e disastro ambientale pena la fermata definitiva dell’impianto Ias e degli asset industriali ad esso collegati. Con questa decretazione la Corte assesta un schiaffo poderoso alla politica governante, la richiama alla responsabilità e pretende, a nome e per conto dei cittadini e delle cittadine di questo territorio, un cambio di marcia rispetto alle scelte da assumere sul futuro della zona industriale siracusana.

Un primo e immediato segnale deve giungere dal Presidente della Regione Siciliana, che, ricordiamo, è il proprietario dell’impianto con il Consorzio Asi di Ias. Dalla nomina della commissaria, Ing, Giovanna Picone, non ci risultano intraprese iniziative in tal senso, e il mancato coinvolgimento del territorio, altra pagina triste di questa vicenda, è un chiaro segnale di un insostenibile immobilismo.

Nell’era di grandi trasformazioni industriali, con la transizione energetica che mette le basi in Europa e in alcune aree italiane, trasformando, nel profondo, le economie e i sistemi produttivi delle aree più sviluppate, sapere che la zona industriale di Siracusa, già tagliata fuori dal Pnrr, è ora oggetto di una sentenza che mette al rischio il suo presente e il suo futuro, dovrebbe spingere la politica e le diverse rappresentanze territoriali ad un sussulto di iniziative volte a ridisegnare un nuovo modello di sviluppo sostenibile sul piano ambientale e sociale e capace di assicurare il futuro occupazione agli attuali 10 mila lavoratori occupati.

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