Cinquant’anni di Bronzi di Riace: i guerrieri venuti dall’antica Grecia
Sono trascorsi cinquant’anni da quell’evento straordinario, avvenuto il 16 agosto 1972 nella spiaggia di Riace Marina, sullo Ionio reggino. A riconoscere le due inestimabili opere d’arte fu Giuseppe Foti, all’epoca soprintendente archeologico regionale. Il figlio, Alessandro, ricorda quei giorni concitati ed esaltanti vissuti assieme a suo padre.
«Mio padre era un calabrese al cento per cento – dice Alessandro Foti – e in quell’agosto del ’72 di ritorno da un viaggio in nave lungo le coste del Mar Nero fatto in famiglia, ricordo ancora gli occhi di mio padre accesi di contentezza mista a stupore e meraviglia davanti alle foto delle due statue che avrebbero dato nuova vita al Museo di Reggio Calabria. Durante quel viaggio tra Odessa e la Crimea, quando possibile, papà era stato in contatto telefonico con gli operatori del recupero ma vedendo quelle immagini non era riuscito a trattenere la forte emozione».
Giuseppe Foti era tornato in Calabria, dopo aver lavorato a Villa Giulia a Roma, nel dicembre del ’60 come direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio e poi era stato nominato Soprintendente archeologico per la Calabria. Rimase in carica fino al 30 giugno 1981, giorno della sua morte a soli 59 anni.
La straordinaria storia dei Bronzi di Riace, le due sculture di provenienza greca, databili al V secolo a.C. e oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, comincia appunto il 16 agosto 1972. Quel giorno, il giovane subacqueo dilettante romano Stefano Mariottini, che stava trascorrendo una vacanza in Calabria, segnalò la presenza di una statua che spuntava dal fondale marino di Porto Franticchio, a Riace Marina, a una distanza di circa duecento metri dalla costa e a una profondità di otto metri. Il Centro Subacquei dei Carabinieri procedette con le operazioni di recupero, condotte nei giorni successivi in condizioni difficili e in maniera tutt’altro che esemplare (occorreva fare in fretta perché la notizia del ritrovamento si era diffusa): il 21 agosto venne recuperato il Bronzo B, mentre il 22 fu la volta del Bronzo A. Nella denuncia ufficiale, che fu depositata in Soprintendenza il 17 agosto 1972, le due statue venivano presentate in questo modo: “rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con una gamba sopravanzata rispetto all’altra. L’altra statua risulta coricata su un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm”.
Le statue, custodite nel Museo archeologico di Reggio Calabria, rappresentano la più grande – e discussa, anche controversa – scoperta archeologica del ‘900 e saranno protagoniste, insieme alle altre preziose testimonianze che compongono il ricco patrimonio della città metropolitana di Reggio Calabria, della prossima Borsa mediterranea del turismo archeologico di Paestum (dal 27 al 30 ottobre). Tutta la Calabria della Magna Grecia è veicolo di attrattività e i Bronzi di Riace ne sono una formidabile testimonianza, come dimostrano le 45.000 presenze al museo solo nel mese di agosto. Visitatori – molti stranieri – hanno goduto anche di un calendario fitto di eventi diffusi su tutto il territorio metropolitano, dal parco archeologico Taureani di Palmi alla Villa romana del Naniglio a Gioiosa, da Bova marina all’antica Kaulon, fino al parco archeologico di Locri e a Reggio Calabria.