La professoressa Elisabetta Ferrarini ha approfondito l’influenza di Vico, il rapporto con la religione e l’adesione al Romanticismo.
L’incontro “Omaggio a Alessandro Manzoni”, organizzato dall’associazione “Amici casa del libro” (presidente Matilde di Giovanni) e svoltosi presso la Casa del libro(di Marilia Di Giovanni), è divenuto occasione di approfondimento della poetica dell’autore, alla luce delle varie prospettive. A soffermarsi sullo scrittore, poeta e drammaturgo è stata la professoressa, Elisabetta Ferrarini, con una relazione dettagliata e intervallata dalle letture di alcuni frammenti di carmi e odi da parte di Maria Longo, Silvia Ferrigno, Ninni Boccadifuoco e Lucia Corsale.
Per quanto concerne il punto di vista filosofico, Elisabetta Ferrarini, ha richiamato alla memoria il filosofo, Giambattista Vico, e la sua “Scienza nuova”, pubblicata, tra l’altro, postuma nel 1744 a Napoli. In tale opera Vico asserisce che l’uomo possa conoscere la Storia – intesa come insieme ininterrotto dei fatti umani – perché lo stesso è in grado di conoscere soltanto ciò che ha fatto, attribuendo dunque alla Storia il valore di scienza. Inoltre, a seguito della stesura di “Scienza nuova”, Vico entra in aperta polemica con Cartesio secondo cui la storia e la letteratura non hanno valore di scienza, ma soltanto le scienze naturali, la matematica e la geometria.
Vico invece ritiene che la Natura non possa assumere valore di scienza, in quanto l’uomo non ne è l’artefice, a differenza della matematica che dà principi, assiomi e postulati individuati dall’uomo. Vico recuperando la concezione rinascimentale della Storia, non più come effetto della volontà divina, ma quale prodotto della storia umana, applica alla Storia un metodo scientifico analogo a quello galileiano e che si fonda su due fasi: lo studio filologico del testo per appurare il vero, attraverso i vari testi su ciò che davvero è accaduto; nella seconda fase si tende a riscontrare il vero. Questa teoria non estromette totalmente l’idea dell’intervento della Provvidenza divina che interviene- secondo Vico – in maniera imperscrutabile, senza mai alterare i corsi e i ricorsi della Storia, né tanto meno interferire con il libero arbitrio e le scelte dell’uomo. Manzoni, che è un illuminista e profondamente razionalista, si stupisce come questa concezione sia sfuggita all’Illuminismo.
La lettura dell’opera, poi, influirà su di lui rendendolo permeabile alle nuove suggestioni che poco dopo gli proverranno dagli idéologues francesi, ossia un gruppo di filosofi, scienziati e letterati diretti eredi dell’Illuminismo francese. Gli idèologues, tendendo a svecchiare la scettica concezione illuministica della Storia, si accostano alla sensibilità romantica, che recupera massicciamente la Storia. Per quanto concerne l’approccio religioso, Manzoni che aveva una concezione pessimistica dell’esistenza, dopo la sua conversione al Cristianesi, si ritrova, dunque, a dover conciliare tale visione con quella di salvezza. Così, mentre da ateo aveva una visione meccanicista, successivamente adotta un’ottica creazionista, ricorrendo agli insegnamenti di Sant’Agostino.
Manzoni ritiene che il male si sia innestato nella natura umana con il peccato originale non insito nella materia, ma nell’animo di ciascuno. Infine, per quanto riguarda il punto di vista letterario l’adesione al Romanticismo porterà il Manzoni alla stesura di tragedie storiche che si attengano al Vero proprio come faceva la storiografia e al romanzo storico di cui fu il pioniere. E a differenza delle tragedie di Vittorio Alfieri, che furono rappresentate, quelle di Manzoni no, perché oltre a presupporre la presenza di un pubblico colto, ritiene che il lo stesso debba ergersi a giudice.