“Il coccodrillo di Palermo” (edito da “La nave di Teseo”) di Roberto Andò è un viaggio nella memoria, tra gli spettri di un tempo che ormai si sarebbe potuto coniugare al passato e che, invece, riaffiorano durante la dolorosa ricerca della verità, mai univoca
Il romanzo, dal chiaro rimando autobiografico – come ha sottolineato la critica letteraria, Daniela Sessa – è stato presentato presso la “Casa del libro” di Marilia Di Giovanni, alla presenza anche della figlia dello scrittore, l’attrice Giulia Andò, nelle vesti di lettrice. Protagonista del romanzo è Rodolfo Anzo, un regista-documentarista che vive a Roma e che da oltre dieci non intende far ritorno nel luogo natio, Palermo, che, roso dalla colpa, anela comunque la redenzione. Ma quando la realtà si impone – la vicina di casa dei genitori ormai defunti lo informa di un furto non portato a termine – neanche Rodolfo Anzo può esimersi. Il ritrovamento, dunque, di una scatola contenente sei bobine di intercettazioni telefoniche illegali, lascito del padre, ex poliziotto, e corredate dalle istruzioni, affinché possano essere restituite ai diretti interessati, dà il via ad un’indagine nel ventre e nelle memorie del capoluogo siciliano che – come ha detto Daniela Sessa – trasformano Roberto Andò in personaggio, mentre si svela la finzione.
Lo scrittore palermitano, che è anche sceneggiatore e regista, – “L’Abbaglio” è il suo ultimo film – dal canto suo, ha sottolineato come il documentario e il film di finzione si riflettano diversamente sul regista: nel primo, molto spesso lo stesso non sa come vada a finire la sua proiezione; nel secondo, invece, diventa una sorta di Dio che, nell’inventare un mondo, restituisce il senso di cui spesso la vita è priva. Ed a Palermo, in cui morire di morte naturale è innaturale, il protagonista, perdendosi nei meandri dell’indagine, riallaccia il rapporto con il centro cittadino, che forse è ancora centrale nella sua vita. Ed in quel lasciarsi alle spalle la città fisica, Roberto Andò – che quest’anno firmerà la tragedia di Sofocle “Elettra” al teatro Greco di Siracusa – trasporta il lettore nella sua città interiore. Il linguaggio, a tratti ironico, è suggestivo e sembra risuonare in quell’atmosfera sospesa tra il reale e il surreale. Ne “Il coccodrillo di Palermo”, le istruzioni scritte dal padre di Rodolfo Anzo e allegate alle bobine costituiscono un monito ad indagare sulla sua morte, perché “La lotta contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio” (Milan Kundera) e “Un libro deve essere come un cruciverba” (Thomas Bernhard).