[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”U fattu è nenti: è come si cunta di Valerio Vancheri”][vc_column_text css_animation=”fadeInUpBig”]

Quel trampolino era sempre stato lì, come il “monolite” di Kubrick.

Vegliava sulle mie bracciate in piscina.

Si ergeva verticalmente verso il cielo, come le mie ambizioni, in aperto contrasto con le mie fatiche natatorie, irrimediabilmente orizzontali, come la mia vita sino ad allora.

Due rampe ripidissime guidavano alla vetta. Scalarle era una prova di maturità, quasi di virilità.

Molti dei miei compagni avevano già affrontato la paura. Io scontavo ancora il fatto di essere il più piccolo.

Mi trovavo di fronte a quelle scale, timoroso e titubante se affrontare o no quell’impresa. Poi, per orgoglio, oltre che per curiosità, decisi di andare. Ogni passo mi costò seria fatica.

Sulla piattaforma dei dieci metri, lo spettacolo che mi si parò davanti era inaspettato e meraviglioso.

Lì, quasi a portata di mano, la mia casa, così vicina, che mi sembrava di poterla toccare. Laggiù, i tetti di Ortigia.  Poco più in là, il mare. Sotto di me, la vasca, così lontana, così piccola.

Riuscirò a centrarla ? O mi spiaccicherò sul bordo, come un moscerino sul parabrezza ?

“Jettati, picciriddu!”. L’esortazione dei miei compagni era carica di scherno. Molti di loro si aspettavano che desistessi.

Ma io non dovevo dimostrare niente a nessuno. Se ero salito sin lassù era per me stesso, non per loro. Sapevo che tutta la mia vita sarebbe stata come quel trampolino. Toccava a me capire se avrei orientato le mie azioni in verticale o in orizzontale.

Il vento mi accarezzava i capelli. Non sentivo più i lazzi degli altri. L’aria mi entrava nei polmoni ed il cuore mi batteva forte in petto. Non mi ero mai sentito così vivo.

Solo un ultimo respiro. Chiudo gli occhi un istante. Vado.

Un volo interminabile, magnifico. Sono il falco che piomba sulla preda. Sono il padrone dell’aria, signore del mondo.

Infine l’acqua. Non come un punto d’arrivo, ma come una madre, che abbraccia il proprio figlio. Ogni mia molecola affonda e vi si fonde.

Quando emergo e torno a respirare, sento forte il bisogno di urlare. 

Questa sì che è vita![/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]