“Documentati 33 trasbordi ship-to-ship in acque internazionali. Il greggio arriva poi nei porti italiani senza controlli, col supporto di società locali”
L’ultima inchiesta di Report, realizzata in collaborazione con Greenpeace Italia, ha acceso i riflettori su una pericolosa pratica che sta trasformando le acque al largo della Sicilia in un hub strategico per il traffico di petrolio russo sanzionato. A 12 miglia dalla costa di Siracusa, oltre il limite delle acque territoriali italiane, vengono effettuate operazioni di trasbordo del greggio da nave a nave (ship to ship transfer), eludendo le sanzioni imposte dall’Unione Europea. La flotta fantasma di Mosca, infatti, ha scelto questa zona di Mediterraneo come hub per i trasferimenti di petrolio tra navi sanzionate e navi formalmente “pulite”, sembra, con l’obiettivo di violare le sanzioni. Una pratica che rischia di creare disastri ambientali, e che avverrebbe nel totale disinteresse delle autorità italiane.
La flotta fantasma: il sistema per evitare le sanzioni
Le petroliere coinvolte appartengono alla cosiddetta shadow fleet russa, una flotta fantasma composta da navi vecchie, con bandiere di comodo e non adeguatamente assicurate. Questo permette agli armatori di sparire in caso di incidenti, evitando qualsiasi responsabilità legale o ambientale.
Grazie all’uso di sistemi di tracciamento navale e immagini satellitari, Greenpeace e Report hanno documentato la presenza di petroliere affiancate in alto mare, impegnate in trasferimenti di petrolio illeciti. Una pratica ben nota a livello internazionale, ma ignorata dalle autorità italiane.
Il boom del traffico “illegale” nel 2024 e 2025
Tra il 2024 e il 2025, nelle acque internazionali al largo della Sicilia, si sono registrati 33 trasbordi di petrolio da nave a nave, di cui 10 riconducibili direttamente alla flotta fantasma russa. Secondo le stime, Mosca avrebbe trasferito fino a 3,7 milioni di tonnellate di greggio utilizzando questo metodo.
Almeno 4 carichi di greggio provenienti da questi trasferimenti sono arrivati nei porti italiani, senza che venissero effettuati adeguati controlli sulla loro origine.
Il silenzio delle autorità italiane
Nonostante le prove raccolte, le autorità italiane non sono mai intervenute per fermare queste operazioni. La Capitaneria di Porto di Augusta ha dichiarato: “I trasferimenti avvengono in acque internazionali, dove non è possibile intervenire”. Tuttavia, in caso di incidente o sversamento, il danno ambientale si riverserebbe immediatamente sulle coste siciliane.
In Grecia, invece, le autorità hanno agito con fermezza: a maggio 2024, quando la flotta russa fantasma è stata individuata nel Golfo di Lakonikos, Atene ha emesso un avviso di esercitazioni militari, costringendo le petroliere a spostarsi. Il risultato? La shadow fleet si è trasferita in Italia.
Il ruolo di rimorchiatori e agenzie marittime italiane
L’inchiesta di Report ha rivelato che alcune agenzie marittime e società di rimorchiatori italiane operano regolarmente con le navi della flotta fantasma. Tra queste, figurano MSA e Alkas Italia, oltre ai rimorchiatori Lione e Macistone, basati ad Augusta.
Uno degli esempi più eclatanti riguarda la nave Route, i cui armatori sono stati sanzionati dall’Ucraina per il loro ruolo nei traffici di greggio russo. Nonostante ciò, la Route continua a operare indisturbata.
Italia: certificazioni sospette e controlli assenti
Un altro punto critico riguarda la certificazione delle navi. La società Rina, vigilata dal Ministero dei Trasporti, ha fornito certificazioni a circa 30 navi sospette, molte delle quali incluse nelle blacklist di Regno Unito e Ucraina.
Tra queste figura la Marta 1, una petroliera che dal novembre 2023 ha svolto 115 trasferimenti di petrolio in mare, di cui 26 al largo di Augusta. La nave è di proprietà di una società anonima con sede alle Seychelles, legata alla Gatik Ship Management, nota per il traffico di petrolio russo sanzionato.
Un pericolo reale per l’ambiente e la sicurezza
Oltre alla violazione delle sanzioni, questo traffico rappresenta una minaccia ambientale gravissima. Molte delle petroliere coinvolte spengono i sistemi di tracciamento AIS, una pratica sospetta che dovrebbe attivare immediati controlli all’arrivo in porto.
Un caso emblematico è quello della Sealeo, una nave che nel luglio 2024 è partita da Novorossysk (Russia) diretta a Santa Panagia (Siracusa). Durante il viaggio ha spento il tracciamento per 84 ore, rendendo impossibile verificare cosa sia accaduto in quel lasso di tempo. Nessuna ispezione è stata effettuata dopo l’attracco.