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…le rime del poeta maledetto Sergej Esenin

[/vc_column_text][vc_text_separator title=”di Toi Bianca”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_video link=”https://youtu.be/s_FJqxljXEk”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]A mio ininfluente parere è la canzone più bella di Angelo Branduardi e anche un’operazione culturale paragonabile alla Spoon River di De Andrè (anche se quello ovviamente è un album e questa un solo brano). Ma “Confessioni di un malandrino” rende onore alle “Confessioni di un teppista” di Sergej Esenin, poeta controcorrente della russia di inizio 900, nato in campagna da famiglia contadina, diventato giovanissimo “il primo fra i poeti del paese” nella San Pietroburgo zarista. Avventuroso, gran seduttore (famoso il suo matrimonio con la ballerina americana Isadora Duncan, di quasi 20 anni più grande di lui), a sua volta sedotto all’inizio dalla rivoluzione bolscevica ma poi presto critico (e quindi malvisto). Morto a 30 anni, nel 1925, in circostanze oscure, impiccato in una stanza di un albergo di Leningrado.

Il teppista si racconta nei suoi versi, ricordando il monello che era fra campi e animali e il vate che è diventato. Branduardi, con l’ausilio di un traduttore esperto di russo, ne fa il testo di una bellissima canzone che va ascoltata e gustata parola per parola, nota per nota.

“Mi piace che mi grandini sul viso
la fitta sassaiola dell’ingiuria,
mi agguanto solo per sentirmi vivo
al guscio della mia capigliatura…”

E la fitta sassaiola dell’ingiuria molti anni dopo è diventata anche un famoso rap di Caparezza.

“La notte è così tersa,
qui forse anche morire non fa male,
che importa se il mio spirito è perverso
e dal mio dorso penzola un fanale…”

Godetevi queste confessioni malandrine. Sono davvero bellissime.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]