Aggiornato al 02/03/2021 - 19:50

Lucia e Agata: un legame sempre vivo

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[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”Sirausana jè, rubrica a cura di Pucci Piccione”][vc_column_text]“ Essendosi propagata per tutta la Provincia (di Sicilia) la fama della gloriosa ed invitta martire S. Agata, a causa dei miracoli da Lei operati, anche la Cittadinanza di Siracusa si recò nel sacro tempio della Martire per pregare. Tra gli altri Lucia, preclara fanciulla della città di Siracusa, venne nel tempio nel giorno della festività di S. Agata insieme con la madre di nome Eutichia, la quale soffriva da quarant’anni di un flusso di sangue, sebbene avesse fatto spese, dirò quasi immense per i medici, senza conseguire alcun lenimento al sui male ”

Il Codice Papadopulo, la più antica tra le fonti letterarie che riguardano la Nostra Patrona, inizia con il pellegrinaggio di Lucia verso la tomba di S. Agata a Catania per chiedere la guarigione della madre.

La fama di santità ed il culto di Agata, martirizzata a Catania nell’anno 251 d.C. durante il terzo consolato dell’imperatore Decio, si era immediatamente diffuso in tutta la Sicilia ed il sepolcro, che conteneva i suoi resti mortali, divenne luogo sacro e di devozione ed il pellegrinaggio in detti luoghi sacri era una consuetudine ampiamente diffusa e praticata tra le comunità cristiane del periodo.

Nel 1916 P. Teodosio Somigli di S. Detole, dei Frati Minori, famoso oratore del suo tempo, in una celebre orazione in Cattedrale, richiamando le parole di S. Basilio, descrive il pellegrinaggio a Catania di Lucia come il volo delle “ api uscenti, al dolce tempo, dagli alveari per ritornarvi poi cariche del dolce liquore che il cielo versa sui fiori, ogni mattina, colla rugiada e Lucia, ape ingegnosa di Cristo, riporta a Siracusa preziosi doni celesti ”.

La tradizione narra che Lucia nel viaggio verso Catania, insieme alla madre, si sia fermata sul colle Meta, dove sorge attualmente Carlentini, sotto un albero di ulivo in un luogo dove adesso è collocata una edicola votiva che ricorda “ u peri alivi ri S. Lucia ” e che si sarebbe fermata per la notte in una grotta a Lentini.

Nel 1621 la città di Carlentini, in ricordo della sosta di Lucia sul colle Meta, la scelse come Patrona.

Il corpo di Agata, prima di essere trasferito nella chiesa di Santa Maria di Betlemme dopo l’editto di Costantino nel 313 e successivamente, tra il IV e V secolo, nella Chiesa di Sant’Agata La Vetere, venne seppellito nelle catacombe denominate della collina di San Domenico.

Ed è davanti al sepolcro di Agata che, il 5 febbraio 302, Lucia, dopo avere ascoltato l’episodio evangelico dell’emorroissa, invita la madre Eutichia a toccare fiduciosa il sepolcro.

Il Codice Papadopulo narra che “ Lucia fu presa da un sonno profondo, e vide S. Agata tra schiere di Angeli splendidissimamente ornata, che dicevale: Lucia, sorella mia e Vergine del Signore, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi concedere? La tua fede è stata di grande giovamento a tua madre, essa è già guarita. E come per me è ricolma di grazie la città di Catania, così per te sarà preservata la città di Siracusa, perché il Signore Nostro Gesù Cristo ha gradito che tu abbia serbato illibata la tua verginità ”.

E’ Agata che, per la prima volta, riconosce la potenza di Lucia nella fede e nella preghiera e che anticipa la gloria dell’immortalità nel patrocinio verso la città di Siracusa.

Agata chiama Lucia “ sorella mia ” legando, in tal modo, per sempre le proprie vite e la testimonianza nel Signore e Lucia manifesta, davanti al sepolcro di Agata, il suo si incondizionato e totale a Cristo.

Non erano cugine o parenti, come ricorda una errata e radicata tradizione popolare, ma

sorelle nella verginità e nella dedizione totale al Signore.

Renè du Mesnil de Maricourt, nel romanzo storico “ Lucia ” tradotto nel 1936 da Dumesnil Giordano, racconta, in maniera particolarmente delicata che, durante il viaggio di ritorno verso Siracusa per mare su una triremi, una forte tempesta stava per fare affondare la nave e che, all’invocazione del comandante diretta a Nettuno, Lucia ebbe a rispondere “ prega invece il vero Dio che solo ci può dare la salvezza ”.

Il comandante, allora, ebbe ad esclamare “ chiunque sia il tuo Dio io crederò in lui se egli ci soccorre”.

Nel romanzo, con particolare e intensa suggestione, è narrato che “ il bagliore d’un lampo, che brillò senza scrosci, lumeggiò la figura di Lucia che, ritta e immobile sulla tolda come una visione celeste, stendeva le braccia sul mare …. da quel punto la tempesta si era andata calmando ”.

La figura e la testimonianza di Agata sono stati sempre presenti, a Siracusa, nella tradizione e nella storia luciana.

Nel luogo dove venne realizzato il tempietto del Sepolcro, alla Borgata, vi era una precedente chiesa dedicata a S. Agata; nel soffitto a capriate lignee della Basilica del XV secolo, è raffigurata una immagine di S. Agata a mezzobusto che regge una coppa dove all’interno vi sono le mammelle; al museo di palazzo Bellomo sono conservati il Polittico di Santa Maria (XV secolo), la Madonna in trono col Bambino tra S. Lucia e S. Agata (XV secolo), le Sante Lucia e Agata (XVI secolo); nella Chiesa del Collegio il dipinto di Daniele Monteleone (1607) che raffigura Santa Lucia al sepolcro di Sant’Agata; nel soffitto della chiesa di S. Maria della Concezione, nella via Roma, l’affresco di Sebastiano Monaco (1786/87) di Santa Lucia sulla tomba di Sant’Agata; nella chiesa del PP. Cappuccini il dipinto attribuito a Fra Domenico di Palermo (XVII secolo) della Madonna dei Pericoli con Santa Lucia e Sant’Agata ai fianchi; nel tesoro della Cattedrale è conservato un busto reliquiario ligneo (XVI secolo) con una reliquia di Sant’Agata.

I legami tra Agata e Lucia si sono ulteriormente rinnovati e consolidati anche da recente.

Per la festa del Patrocinio di maggio del 2013 la reliquia del Velo di Sant’Agata accompagnata dall’Arcivescovo di Catania mons. Salvatore Gristina, per la prima volta nella storia, è arrivata a Siracusa ed è stato un momento di intensa partecipazione popolare e di fortissime emozioni.

Il velo di Sant’Agata è una delle reliquie più fortemente legate alla pietà popolare e per i catanesi rappresenta un simbolo di salvezza nei momenti tragici della città.

La presenza delle reliquie di Santa Lucia, insieme a quelle di Sant’Agata, caratterizza ogni anno l’inizio delle feste agatine, prima nella chiesa di Sant’Agata la Vetere e da alcuni anni in Cattedrale, e segna un momento importante per tutte le comunità luciane siciliane che, sempre più numerose, davanti a Sant’Agata, rinnovano il loro si nel servizio a Lucia sull’esempio e nel ricordo di quanto avvenuto nel 302.

Le reliquie di Santa Lucia, inoltre, sono state portate, sempre nella città di Catania, presso la Parrocchia di Santa Lucia ad Ognina e presso il Santuario della Madonna del Carmine.

Lo scorso anno, infine, a suggellare sempre di più il legame tra le due chiese nel nome e nella testimonianza delle due grandi Sante, l’Arcidiocesi di Siracusa con la Deputazione della Cappella di Santa Lucia, ha donato una reliquia di Santa Lucia alla Cattedrale di Catania che è stata riposta nel sacello di Sant’Agata.

Un ulteriore legame lega Agata e Lucia, come ha ricordato Salvo Sorbello in un articolo su “La Sicilia”, che riguarda le vicende dei loro corpi trafugati nel 1039 da Giorgio Maniace e portati a Costantinopoli.

Il legame si interrompe però nel 1126 quando il corpo di Sant’Agata rientra a Catania mentre il corpo di Santa Lucia nel 1204 viene portato a Venezia e a Siracusa, nel Sepolcro vuoto, rimane l’invocazione di Mons. Luigi Bignami, Arcivescovo di Siracusa “ Lucia sponsa Christi, omnis plebs te expectat (Lucia sposa di Cristo, tutto il popolo ti attende)”[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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