Aggiornato al 31/08/2023 - 12:23

Siracusa, con il circuito ceduta un’altra “perla” del nostro territorio…ma la colpa è solo nostra

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La cessione del circuito di Siracusa alla Methaphor Corporation Pty, la società australiana che ha offerto 3.035.794,13 euro, è soltanto un’altra conseguenze della sciagurata puntata de “L’Arena” di Giletti del 3 marzo 2013.

La trasmissione famigerata è quella in cui Rosario Crocetta, presidente della Regione Siciliana in carica, annuncia in italo-visione l’abolizione delle province in favore della nascita dei “Liberi consorzi di Comuni”, enti di cui nessuno ha mai sentito parlare e che nessuno, negli anni a seguire, saprà mai come gestire e soprattutto come non far fallire.

Quello di Siracusa è infatti uno dei Liberi Consorzi sempre più precari, un ente perennemente commissariato che sopravvive sulla sottile linea del dissesto finanziario, nella speranza di continui contributi concessi dalla regione per poter pagare gli stipendi a dipendenti che, in molti casi, pur volendo lavorare non sanno realmente cosa fare.

In questo contesto, è chiaro che l’unico modo per provare a far cassa è quello di vendere i propri “gioielli di famiglia”, tra cui proprio lo storico circuito di Siracusa che, lo ricordiamo, seppur non nella forma di una gara valida per il mondiale, ospitò la Formula Uno dal 1951 al 1967. Il circuito era molto apprezzato da tecnici e piloti che spesso, nel corso dell’anno, lo utilizzavano per nuove migliorie tecniche o aerodinamiche.

L’elenco dei piloti che hanno calcato le curve del tracciato aretuseo è lungo ma soprattutto prestigioso: Villoresi, Ascari, Fangio, Von Trips, Collins, Clarck, Baghetti, Farina, Siffert, Scarfiotti, Parkes, Surtees e Bandini. Non serve essere grandi esperti per comprendere dunque la valenza di questo circuito, ceduto ai privati per poco più di tre milioni di euro.

L’ennesima “perla di famiglia” data via rischia però di diventare, per Siracusa, un nuovo caso “Pillirina”, anche se questa volta non c’entra il Marchese De Gresy.

Secondo le indiscrezioni pubblicate sulla Sicilia, “Alle spalle del fondo australiano ci sarebbe l’imprenditore siculo-australiano Ross Pelligra, le cui origini sono di Solarino, che di recente ha acquistato il Catania Calcio oltre ad avere puntato l’attenzione su altri investimenti da fare in Sicilia ritenuti strategici come l’acquisizione dell’albergo “La Perla jonica” di Capo Mulini e l’area industriale Blutec, ex Fiat, di Termini Imerese. Da quanto è dato sapere, l’acquisizione del circuito automobilistico, però, non sarà finalizzata a rimetterlo in funzione prevedendo un impiego motoristico ma ci sarebbero precisi obiettivi di mercato immobiliare, utilizzando la vasta area che se ne ricaverà, una volta abbattuti gradinate e box, per un insediamento di villette”.

Per ottenere la licenza edilizia, però, occorre intervenire sul piano regolatore che nella zona di contrada Fusco e di Pantanelli, prevede altra destinazione d’uso rispetto agli insediamenti di edilizia residenziale. Al momento, ciò che è certo, è che l’area di proprietà dell’ex Provincia regionale diventa privata e si attende che al Comune capoluogo arrivino le prime richieste di modifica del piano regolatore generale”.

Qualora fossero vere le intenzioni di Pelligra, ci troveremmo di fronte ad un nuovo tentativo di investimento immobiliare su area tra l’altro coperta dal piano paesaggistico, forse il contesto più complicato in assoluto per investimenti del genere, perché la quantità di carte, autorizzazioni, permessi, conferenze di servizi e nulla osta necessari creerebbe delle sabbie mobili burocratiche dalle quali neppure uno con le spalle larghissime come Pelligra potrebbe uscire con facilità.

Senza dimenticare però che nel frattempo lo storico circuito di Siracusa, (s)venduto ai privati per l’incapacità del pubblico (e cioè per quella nostra e dei nostri rappresentanti), diventerebbe formalmente soltanto un ricordo, l’ennesima occasione sprecata per un territorio che, se le cose continuano in questo modo, invece di ripartire rischia, lentamente, di morire.

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