Aggiornato al 01/09/2025 - 22:04
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l'allarme lanciato da confindustria

Transizione energetica, Reale (Confindustria ): “Rischio deindustrializzazione se l’Europa non cambia rotta”

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Presidente Reale: “Italia da secondo paese manifatturiero europeo a economia solo di servizi”. Polo industriale paga 250 milioni l’anno di tasse CO2

SIRACUSA – La transizione energetica europea rischia di trasformarsi in una deindustrializzazione del continente, con l’Italia che potrebbe perdere il suo ruolo di secondo paese manifatturiero d’Europa. È l’allarme lanciato da Gian Piero Reale, presidente di Confindustria Siracusa, in un’intervista  rilasciata a SiracusaPress.it sulla situazione industriale italiana ed europea.

“Alcuni governi, tra cui il governo italiano, stanno molto spingendo in Europa per la definizione della versione 2 del Green Deal, il cosiddetto Clean Industrial Deal”, spiega Reale. “Le prime notizie non sono state molto confortanti nel senso che si chiedeva la neutralità tecnologica, si chiedeva una svolta e invece questa svolta, anche se è arrivato qualche lieve segnale, ma la svolta non c’è stata”.

Il presidente di Confindustria Siracusa evidenzia come le aspettative per una maggiore flessibilità nelle politiche ambientali europee siano state in gran parte disattese, nonostante le pressioni di diversi Stati membri per un approccio più equilibrato tra obiettivi climatici e competitività industriale.

Il rischio della deindustrializzazione

“Il rischio è che per ottenere la decarbonizzazione, la decarbonizzazione avvenga attraverso la deindustrializzazione”, avverte Reale. “L’Italia rischia di perdere da secondo paese manufatturiero d’Europa e diventare un paese che fa solo servizi e quindi un paese che rischia di essere debole e in un momento dove il mondo è infiammato e dove non possiamo permetterci di avere un paese debole”.

L’analisi del presidente tocca uno dei nodi cruciali del dibattito europeo: come conciliare gli obiettivi ambientali con la necessità di mantenere una base industriale forte e competitiva.

L’automotive come caso emblematico

Il settore automobilistico rappresenta, secondo Reale, il primo esempio di come le politiche europee possano danneggiare la competitività industriale. “L’automotive è stato il primo settore che è stato quasi travolto da queste politiche europee e ci porta ad avere un rischio di invasione di auto elettriche dalla Cina”, osserva.

“Un settore dove l’Europa era leader mondiale e l’Italia ovviamente aveva un ruolo fondamentale, è un settore che è in gravissima crisi con dei rischi veramente enormi sia economici sia di impatto sui lavoratori di questo settore”, aggiunge il presidente di Confindustria Siracusa.

Altri settori a rischio

Il rischio di deindustrializzazione non si limita all’automotive. “Il rischio è che altri settori possano seguire dalla siderurgia ovviamente all’oil and gas”, sottolinea Reale, evidenziando come diversi comparti industriali siano sotto pressione.

Le criticità derivano principalmente dai “costi delle materie prime altissimi” e dal sistema di tassazione delle emissioni di CO2 (ETS – Emission Trading System).

Il peso dell’ETS: 250 milioni l’anno per Siracusa

Particolarmente significativo è il dato relativo al costo delle emissioni di CO2 per il polo industriale siracusano. “Il nostro polo industriale paga 250 milioni l’anno solo di tassa di emissioni di CO2”, rivela Reale.

“L’Europa ha questa normativa di tassazione la più alta nel mondo che è stata definita in tempi precedenti alle crisi energetiche, alle guerre eppure non viene modificata. Le aziende ogni anno pagano sempre di più di tasse di CO2”, denuncia il presidente.

“È evidente che se non si interverrà in maniera chiara e decisa il rischio della deindustrializzazione esiste”, conclude Reale, lanciando un appello per politiche europee più equilibrate che tengano conto delle esigenze dell’industria manifatturiera.

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