Aggiornato al 24/05/2021 - 06:11
bennato siracusapress

Quelle “Feste di piazza” che oggi rimpiangiamo

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[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”di Toi Bianca”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_video link=”https://youtu.be/rhrnj9fdBJU”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Era feroce Bennato nel 1975 con questa canzone giocata su armonica, sax, bongos e un testo corrosivo sulle Feste dell’Unità, allora al massimo splendore, con quel loro modello sospeso fra approfondimento politico e sagra della sasizza (della tigella e dello gnocco fritto a cui mi istradò la mia amica Silla una volta in Emilia dove le “Feste” erano feste davvero). Era feroce Bennato e quei “vuoi a perdere mentali abbandonati dalla gente” mi facevano pensare a 18 anni (tanti ne avevo io quando uscì questa song), e mi faceva pensare anche lo sbrigativo rito della smobilitazione “perché anche l’ultimo degli addetti ai lavori ha a casa qualcuno che lo aspetta”.

Oggi m’immalinconisco ricordando le feste di piazza siracusane che, da cronista alle primissime armi, mi mandavano a seguire, parlando con altrettanto giovani militanti-organizzatori del PCI, destinati a lunghi percorsi, ma allora ancora apprendisti politici, che rispondevano ai nomi di Bruno Marziano, Roberto Fai, Fabio Moschella.

E mi viene un inner smile pensando che allora c’era davvero un “numero 24 della lista che per far presa sulla folla continua(va) a ripetere è ora di finirla adesso basta”. Alcuni decenni dopo altri, non gli eredi di quel PCI, hanno cominciato a ripetere “è ora di finirla adesso basta”, poi sono andati al governo anche loro e sono diventati moderati, liberali, europeisti e sticazzi.

Ma allora dietro i panini con la sasizza arrostita dai compagni, dietro gli immancabili Inti-Illimani al teatro greco, c’era la politica, i dibattiti, i comizi, il senso di appartenenza, la cultura, l’ideologia.

Oggi non non ci sono più “le carte colorate e gli sguardi ben disposti a dolci ed aranciate”, non c’è più il profano ma nemmeno il sacro della passione di quegli anni.
I vuoti a perdere mentali, quelli sì, ci sono e si sono moltiplicati, oscenamente, distinti e distantissimi dalle feste di piazza

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