CGIL “Uno scenario drammatico con importanti responsabilità dei governi nazionale e regionale.”
Il segretario della CGIL, Alosi, lancia l’allarme sul destino del depuratore consortile IAS, dichiarato inadatto dai magistrati. Le implicazioni sono gravi per l’industria e le comunità locali, con la necessità urgente di una risposta coordinata dal governo nazionale e regionale per salvaguardare l’ambiente e l’economia dell’area di Priolo.
Il depuratore consortile, ritenuto dai magistrati inadatto a trattare i reflui industriali e non in grado di soddisfare il lungo elenco di prescrizioni indicate dall’amministrazione giudiziaria va, in buona sostanza, messo fuori uso. E se le imprese non possono più sversare da nessuna parte, le raffinerie non possono restare accese. Allo stesso modo non potranno essere più sversati i reflui civili di Priolo e Melilli. E drammaticamente contingentato è il tempo che rimane per affrontare gli aspetti fondamentali dell’intera questione industriale del nostro Polo nell’ambito di una visione comune e di prospettiva futura ecocompatibile per l’intera area. All’orizzonte si profila una divergenza di vedute fra Governo e Magistratura già annunciata dalla Sentenza 105/2024, che spariglia le carte e che richiama, fra gli altri, gli artt. 9 e 41 della Costituzione che introducono fra i limiti invalicabili alla libera attività economica ” i danni alla salute e all’ambiente”. Una sentenza che cambia la prospettiva e accelera una crisi industriale alla ricerca di una via d’uscita che, se non avvistata velocemente, può paralizzare l’intero assetto industriale.
Per la prima volta la Suprema Corte interviene esplicitamente citando la riforma della Costituzione in chiave ambientale e per la difesa delle future generazioni. Sotto questo profilo, i giudici costituzionali sottolineano come un provvedimento (nel nostro caso il decreto del governo Meloni) che deroga rispetto alla normativa ordinaria di tutela della salute e dell’ambiente in relazione ad attività produttive anche se di interesse strategico nazionale, è costituzionalmente legittima solo se temporanea cioè per il tempo necessario per completare gli indispensabili interventi di risanamento ambientale.
Ma così non è stato. Come a dire che a tutto c’è un limite. Rimane, dunque, illegittimo consentire sine die la prosecuzione dell’attività attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza dei lavoratori. Un messaggio molto chiaro che segna un irreversibile cambio di passo culturale che investe in pieno il nostro assetto industriale, rispetto al quale occorre accelerare quei processi per i quali la Cgil si spende da x anni, ovvero la bonifica, l’ammodernamento tecnologico, l’applicazione rigorosa di prescrizioni e una progettazione seria di trasformazione industriale in vista di un graduale e progressivo processo di decarbonizzazione.
Da parte nostra, da mesi chiediamo di sapere quali scelte di politica industriale intendono mettere in campo il Governo nazionale e regionale per il nostro insediamento petrolchimico, quale cronoprogramma di trasformazione nella direzione di un ecosistema industriale moderno, compatibile e tecnologicamente avanzato all’interno di un credibile piano di rigenerazione industriale. Interrogativi lasciati ancora insoluti dal Governo nazionale e regionale, quest’ultimo peraltro azionista di maggioranza dell’impianto Ias.