Aggiornato al 16/03/2024 - 11:46

Il passato non può legarci come una zavorra: ecco perché il maestro Massari sulla Cassata non ha torto

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A margine della fiera “Expocook” di Palermo, il “padre” della pasticceria italiana moderna concede un’intervista che ha scatenato numerose polemiche

Per prima cosa, quando il web viene “intasato” da polemiche, è buona norma andarsi a rivedere l’origine del putiferio in questione, ossia l’intervista da cui tutto è partito. Si tratta di una banale, forse fin troppo ovvia verifica delle fonti che però, come noto, non è mai esistita nel mondo dei social e dei blog, ma sta purtroppo cominciando a diventare deficitaria – e questo è molto grave – anche nel mondo del giornalismo “istituzionale”, fatto cioè da testate registrate e da giornalisti iscritti all’ordine.

E allora sì che si apre un mondo su cui poter discutere, perché Iginio Massari dichiara senza sosta una sequela di verità inconfutabili, frutto dei suoi decenni di esperienza nel campo della pasticceria. In particolare, ricorda uno dei deficit cronici della Sicilia, ossia la carenza dal punto di vista della comunicazione, cosa che ha impedito ad esempio – ricorda Massari – la conoscenza all’estero della tradizionale brioche con granita, una connubio eccezionale ed unico che però se non viene ben comunicata “potete conoscere soltanto voi”.

Ci ricorda, sempre in quella intervista, la rivisitazione del “maritozzo” che di fatto è diventato uno dei dolci simbolici della pasticceria Veneto, dolce che serviva a nascondere l’anello nelle proposte di matrimonio e che “un tempo era usuale anche in Sicilia”; ma è in una domanda specifica che Iginio Massari ci sbatte in faccia “la nudità del re”, ossia sulla preferenza, come dolce iconico della Sicilia, tra cannolo e cassata.

Sapete perché il cannolo è diffuso in tutto il mondo e la cassata no? – risponde, con un’altra domanda, Iginio Massari – perché il cannolo avete saputo modernizzarlo, adattarlo, renderlo più moderno e confacente ai gusti moderni, mentre la cassata è rimasta troppo dolce“… e da qui, la polemica.

La cassata intesa dal maestro Massari è ovviamente quella classica, con la ricotta zuccherata, la ghiaccia reale e la frutta candida, un dolce della tradizione araba siciliana, arricchita e addolcita nel tempo effettivamente fino all’eccesso. Perché è vero, la cassata è davvero troppo dolce, ma è anche troppo buona, purché assunta a piccole dosi.

Tutto quello zucchero aveva anche, in tempi di assenza di frigoriferi e conservanti, funzione di mantenimento nel tempo del dolce, vista la tendenza della ricotta ad andare a male, specie con il caldo siciliano.

Oggi, tutte queste esigenze non esistono più, ma rimane la tradizione, che è sacra ma non per forza deve restare immutabile: “Mangiare sempre il tradizionale, l’antico, il vecchio vuol dire che non siamo attuali” dice Massari, non denigrando nessuna tradizione, ma semplicemente parlando da tecnico della pasticceria che non può e non deve restare fissa e immobile nel tempo.

La cassata è un dolce bello, scenografico, altamente simbolico ma effettivamente fuori dai canoni della pasticceria moderna, un po’ come le pennette alla vodka nella ristorazione, buonissime ma sostanzialmente fuori contesto; tolte alcune pasticcerie storiche, soprattutto nella Sicilia Occidentale, oggi il rapporto tra torte moderne e cassate, esposte nelle vetrine di una qualunque pasticceria siciliana, è forse di 10 a uno e a resistere sono maggiormente le monoporzioni, le “cassatine” (o le “minnuzze di Sant’Agata” a Catania ad esempio), più conformi ad una dose di zucchero umanamente sostenibile.

Le polemiche spesso hanno due genitori, la provocazione e la verità; anche in questo caso possiamo affermare che quando ad un siciliano viene detta la verità, toccando affetti e tradizioni, la cieca difesa dello “status di sicilianità” impedisce un’analisi oggettiva dei fatti e quindi anche di migliorarci.

Ed è un peccato, perché di potenziale, come in tutti gli altri settori, ne abbiamo come sempre tantissimo. E restiamo bravissimi a sprecarlo.

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