[vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”Convivio a cura di Mario Blancato”][vc_column_text]Il volume del prof. Paolo Magnano, Luglio 1943, Sortino occupata dagli alleati, (Morrone editore, 2020), colma un vuoto di informazioni e di storia della comunità di Sortino, con particolari significati sulle finalità dell’occupazione inglese nell’ultima guerra mondiale.
La costruzione del volume segue rigidamente i canoni della migliore storiografia italiana, pur muovendosi in un ambito prettamente locale, perché sono controllati e documentati tutti i passaggi storici, tutte le notizie, e quindi riflettono obiettivamente la nuda realtà degli avvenimenti descritti, e soprattutto perché il singolo episodio dell’occupazione è considerato nel complesso delle operazioni belliche degli strateghi militari sia dell’Asse (Roma-Berlino-Tokio) sia degli Alleati (Francia-Inghilterra e Stati Uniti). Paolo Magnano si rivela ancora una volta un grande maestro di narrazioni storiche, che hanno un respiro nazionale, in cui il particolare episodio è vivisezionato e collegato alle grandi tendenze storiche del momento, muovendosi attraverso i documenti e scoprendo il valore della diplomazia e delle interconnessioni tra diversi aspetti.
Nella strategia militare delle forze degli Alleati (Francia-Inghilterra- USA) il piccolo comune ibleo di Sortino era solo un comune povero, rurale, con un’economia agricola e con un malcontento generale nei confronti del fascismo e della sua politica. Insomma, un comune, come centinaia di altri comuni siciliani. Nei primi documenti che gli alleati presero in considerazione per preparare l’operazione Husky, cioè l’invasione della Sicilia con un armamentario memorabile, e poi da lì avanzare verso la liberazione dei territori italiani, il comune di Sortino era appena citato come comune ibleo, ma non si faceva cenno ad operazioni militari.
L’operazione Husky fu preparata in gran segreto da Eisenhower, comandante in capo delle forze statunitensi ed i servizi britannici del primo ministro Churchill. Prese corpo, mentre infuriava la guerra nel nord Africa nel corso del 1942 tra l’Afrika Korps di Erwin Rommell e le truppe alleate del gen. Bernard Montgomery, che prima la battaglia di El Alamein (novembre 1942) e poi la liberazione di Tunisi (1943), avevano già indicato il punto di svolta per la disfatta del Terzo Reich.
Fu proprio a Casablanca, in Marocco, che nel gennaio 1943, che prese consistenza l’idea di attaccare la Sicilia, considerata come il punto debole del regime fascista; furono gli americani che insistettero per invadere l’isola. Eisenhower considerava infatti la conquista della Sicilia una passeggiata (“in dieci giorni la conquisteremo tutta”, aveva detto), e diceva ciò perché i rapporti informativi confermavano il basso morale delle truppe italiane e le paurose carenze dell’equipaggiamento dei soldati italiani.

Così a Casablanca si decise la strategia non solo per l’occupazione ma anche per il governo della Sicilia dopo l’occupazione. Seguendo anche le considerazioni della resistenza italiana (Ugo la Malfa, Luigi Salvatorelli, Adriano Olivetti) il piano prevedeva il trasporto navale di un imponente esercito di soldati americani e d inglesi, che dovevano attaccare a tenaglia: gli americani dovevano respingere i tedeschi ed i fascisti verso Palermo, gli inglesi verso Catania, ma ci furono molti risvolti nell’entroterra, (per esempio a Gela, Licata, Acate (la vecchia Biscari) dove molti soldati italiani (73, in tutto) che pure si erano arresi secondo le procedure militari, ma furono fucilati a freddo senza alcun motivo dal loro comandate gen. Compton.
Prevalse la tesi inglese dell’indirect rule, cioè basarsi sull’apparato statale e amministrativo locale, aderendo al principio del self-Governement. Venne anche creato un organismo apposito per la conquista e la gestione del territorio affidato al gen. Harold Alexander AMGOT (Allied Miliatary Governement of Occupied territories); nel volumetto distribuito tra i soldati Soldier’s guide to Sicily, la Sicilia era rappresentata, “terra povera, piane di piaghe e dimenticata”, quindi pronta a ribellarsi.
Ma già a marzo erano cominciati i bombardamenti a tappeto sulle città dell’Isola, devastanti per il morale delle popolazioni, con un mercato nero che rese la vita impossibile a tutti i ceti sociali, ad eccezione dei trafficanti. Il razionamento imposto dalle autorità costrinse i contadini ad aggirare il divieto per macinare il grano nascosto, sottratto all’ammasso.
Il convoglio navale trasportava 180.000 soldati in assetto di guerra, 600 carri armati, 14.000 veicoli e 1.800 cannoni. Inoltre lo stesso giorno un numero indefinito di paracadutisti (pare fossero 73) vennero lanciati nella zona del porto Grande del fiume Anapo tra Cassibile Avola e Siracusa Operazione Ladbroke) un attacco anfibio senza precedenti, mai visto prima, con dimensioni enormi.
In Sicilia le sorti del fascismo e dello stato italiano erano difese dal generale Guzzoni, Comandante delle forze armate e della VI armata che operava nell’isola. Quando l’invincibile armata degli alleati sbarcò all’alba del 10 luglio 1943 nei pressi di Pachino, i comandanti militari italiani decisero di concentrare l’intervento delle forze mobili a sud della Piazza Augusta-Siracusa, da un lato e dall’altro contro le teste di sbarco di Gela e Licata. La prima preoccupazione fu di ri-conquistare il ponte Grande sul fiume Anapo, che precedentemente era stato occupato dai paracadutisti inglesi, per bloccar l’avanzata inglese oltre Siracusa lungo la costa.
Nel frattempo, gli inglesi avevano già occupato la città di Floridia, anche per sbarrare la strada a parte della fanteria italiana, che, proveniente da Palazzolo Acreide, avrebbe marciato verso Siracusa. Ma Siracusa era già nello stesso giorno del 10 luglio stata occupata ad opera della XVII Brigata inglese.
La mattina del giorno 11 luglio gli inglesi puntarono sul ponte Diddino, scontrandosi frontalmente con una colonna che cercava di raggiungere Sortino. Ci furono molti morti in questo scontro. Alcuni riuscirono a fuggire verso Solarino, mentre altri cercarono scampo nella vicina valle dell’Anapo, e molti altri finirono prigionieri, tra i quali il maggiore Guzzardi e il dott. Dionisio Mollica, allora tenente di fanteria. Palazzolo venne occupato giorno 12 luglio. All’alba del 13 luglio, esattamente a partire dalle ore, 04,30, gli inglesi si prepararono all’attacco finale ai contingenti del col. Ronco e del gen. Gotti Porcinai, che erano a Solarino. Un altro scontro cruento, che finì sulle colline degli Iblei e che portò all’annientamento della Divisione di fanteria Napoli, comandata appunto da Gotti Porcinai e da Ronco.
Con questo combattimento anche the village (gli inglesi così lo chiamavano) di Sortino fu conquistato dagli inglesi, ad appena tre giorni dallo sbarco.

Prima del 10 luglio 1943, Sortino era stato risparmiato dai bombardamenti e da tutti gli orrori della guerra, anche se, nell’aprile dello stesso anno erano stati spostati all’interno del primo piano della scuola elementare Specchi, circa un centinaio di soldati tra ufficiali e truppa, dotati di scarse munizioni e pochissime armi. Il motivo ufficiale era l’arretramento del comando Deposito del 75 fanteria (Div. Napoli), comandato prima dal tenente Alderuccio e in seguito dal tenente Emanuele
Salerno di Augusta. Anche il seminario arcivescovile di Siracusa era stato trasferito a Sortino nel Collegio di Maria. Naturalmente questa presenza di truppe, anche se poco numerose, e la presenza dei seminaristi, avevano generato dicerie, supposizioni, nonché grande preoccupazione tra i sortinesi. In realtà, i comandi strategici militari avevano però escluso Sortino da un’eventuale occupazione da parte di truppe straniere, perché si pensava che le direttrici di attacco fossero concentrati prima sulla Piazzaforte Augusta Siracusa e successivamente sulla Piana di Catania.
In effetti, fino al 13 luglio 1943, Sortino era stata una beata isola, mentre per es. la vicina Melilli aveva subìto parecchi duelli aerei sulla propria testa ed era stata pesantemente bombardata, così come anche Augusta, per cui Sortino si era riempita di sfollati, che furono accolti benevolmente dai sortinesi.
Un grosso pericolo per l’incolumità dei sortinesi avvenne due giorni primo dell’occupazione di Sortino, quando un reparto tedesco, chiamato Schmalz senza che i vertici militari italiani ne sapessero nulla, si era presentato con un cannone anticarro, che venne posto sul sagrato della chiesa del Carmine, nella parte alta della città, con l’intenzione di sparare a quanti provenissero da quella parte; ma, cosa ancor più pericolosa, era il fatto che un altro reparto di soldati tedeschi si erano posizionati entro l’orto dei Padri Cappuccini, che erano a sud del paese, per bloccare appunto gli inglesi, che volessero entrare da sud. Fortunatamente le autorità civili del paese intuirono subito il pericolo e, seppur con difficoltà, riuscirono a convincere i tedeschi a nascondere il cannone e ad allontanarsi dal paese prima che arrivassero gli inglesi, evitando un inutile spargimento di sangue.
La battaglia intanto infuriò in contrada Ivino, vicino Borgo Rizza, dove si incontrarono gli inglesi e le truppe italiane che indietreggiavano verso Carlentini. Monte Pancali venne occupato il 14 luglio, spianando così agli inglesi la strada per Catania.
Le truppe inglesi entrarono a Sortino nella mattinata del 13 luglio 1943. Scrive lo storico Briganti: “Giunsero per primi a Sortino, quelli che venivano da Solarino e li vedemmo venire su dal Corso Umberto I° in doppia fila, con i mitra in mano, mentre la folla, ormai liberata dal timore panico, applaudiva agli invasori e inneggiava alla libertà”.
L’accoglienza entusiastica della gente di Sortino era dovuta al sollievo che la popolazione provava per la fine del regime fascista, ormai odiato da quasi tutti, e per la speranza che i figli ritornassero dai diversi fronti il più presto possibile, ma ben presto si accorsero che gli inglesi si comportavano da veri occupanti; i pochi soldati italiani, ed i graduati furono fatti prigionieri ed inviati in Egitto nei cosiddetti campi per prisoners of war (POW), mentre i fascisti più in vista vennero avviati al campo di concentramento di Priolo che ospitò fino a 7.000 prigionieri. L’ex podestà Luigi Astuto fu mandato prigioniero al campo di concentramento di Giza, al Cairo, mentre il tenente Dionisio Mollica fu internato nel campo 307 e poi nel 304 sempre in Egitto. Insomma, tutto il potere si concentrò nelle mani di Harold Alexander che nel proclama n.1 esprimeva chiaramente questo concetto: “Ogni potere organizzativo e giuridico del territorio occupato appartiene solo a me”.

I sortinesi dovettero convivere con la presenza degli inglesi che imposero le loro direttive: una di queste imponeva la nomina del Town Major, cioè il sindaco, (non più podestà, ritornando cosi al nome originario), che per le regole dell’indirect rule, venne confermato nella persona di Luigi Magnano, allora commissario prefettizio, che a fine luglio venne sostituito con il direttore didattico Michele Ziccone, originario di Ferla. A Ziccone toccò l’ingrato compito di badare anche all’ordine
pubblico, spesso in difficoltà perché doveva badare alla sicurezza dei pastifici e mulini, che venivano assaltati da folle inferocite per le ristrettezze in cui si trovavano a vivere.
L’occupazione inglese durò solo 58 giorni, fino all’8 settembre, quando con l’armistizio di Cassibile, l’Italia si alleò con gli anglo americani. Da quel giorno gli inglesi furono i nostri allearti. Ma purtroppo, la guerra non era ancora finita e almeno circa altri 70 ragazzi sortinesi morirono in quest’ultima fase.
Altri commissari prefettizi furono successivamente nominati per la gestione del comune fino alle elezioni del 17 marzo 1946, quando il paese votò liberamente per il sistema dei partiti, che nel frattempo di si erano organizzati e subito si delineò una spaccatura, mai più ricomposta e che durerà almeno 50 anni: il blocco democratico liberale, poi Democrazia cristiana, che ottenne il 69% dei voti (su 4.921 elettori) e il 27% il blocco di sinistra. Situazione che durò fino all’anno 1956, periodo in cui governò il sindaco Parlato (nonno dell’attuale sindaco, Vincenzo Parlato). Dal 1956 il blocco di sinistra capeggiato dal giovane avv. Ianuzzo Papa capovolse la situazione politica ed amministrativa e per moltissimo tempo Sortino è stata considerata territorio rosso, insieme a Lentini e Carlentini.[/vc_column_text][vc_text_separator title=”Mario Blancato”][/vc_column][/vc_row]